Utilizzabili nella fase cautelare le dichiarazioni acquisite dalla P.G. anche se non verbalizzate

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Utilizzabili nella fase cautelare le dichiarazioni acquisite dalla P.G. anche se non verbalizzate

Studio Volpicelli
Pubblicato da R. Radi in Polizia Giudiziaria · Mercoledì 27 Set 2023
Utilizzabili nella fase cautelare le dichiarazioni acquisite dalla P.G. anche se non verbalizzate  
di R. Radi

La cassazione sezione 1 con la sentenza numero 38880 depositata il 25 settembre 2023 ha stabilito che sono utilizzabili nella fase cautelare le dichiarazioni acquisite dalla polizia giudiziaria anche se non verbalizzate.

La nullità, infatti, è prevista soltanto quando vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale.

Continua il valzer di decisioni contrastanti della Suprema Corte su un tema rilevante di tutela delle garanzie difensive.

La questione posta ha ad oggetto l’utilizzabilità, in fase cautelare delle dichiarazioni acquisite dalla polizia giudiziaria e non verbalizzate in autonomo atto, per come sarebbe imposto dall’articolo 357, comma 2, lett. C), c.p.p., ma trasfuse nell’annotazione di servizio.

Nel caso di specie, la censura riguarda le dichiarazioni resa da M.M. alla polizia giudiziaria nell’Ospedale di T. e inserite nel verbale redatto dal personale appartenente alla Squadra Mobile.

Si tratta di annotazione non sottoscritta dal dichiarante in quanto impossibilitato per “ragioni di salute”.

La Suprema Corte pur dando atto che il tema è di rilievo ed è risolto dalla giurisprudenza in termini eterogenei conclude stabilendo che sono utilizzabili, per l’adozione di misure cautelari, le dichiarazioni delle persone informate sui fatti acquisite dalla polizia giudiziaria in fase di indagini, riportate nell’informativa di reato o nell’annotazione di servizio redatta e sottoscritta dall’ufficiale di polizia giudiziaria operante, ancorché non verbalizzate.

Allora proviamo ad esaminare “l’eterogenea” elaborazione giurisprudenziale in materia, sulla questione se siano utilizzabili, ai fini dell’applicazione di misure cautelari, le dichiarazioni raccolte dalla polizia giudiziaria e riportate nell’informativa di reato o in annotazioni di servizio, ma non sottoscritte dal dichiarante, pur se non indagato, bensì persona informata sui fatti.

Un ampio numero di pronunce di legittimità, si esprime affermativamente, tanto con riferimento a dichiarazioni riportate nell’informativa (cfr., per tutte: Sez. 1, n. 33819 del 20/06/2014, Rv. 261093-01; Sez. 1, n. 15563 del 22/01/2009, Rv. 243734-01; Sez. 1, n. 440 del 03/02/1993, Rv. 193323-01; Sez. 5, 18/06/1991, Rv. 188040-01), quanto con riferimento a dichiarazioni oggetto di annotazione o relazione di servizio (così, in particolare, Sez. 6, n. 51503 del 11/10/2018, Rv. 274155-01, e Sez. 3, n. 5777 del 17/01/2014, Rv. 258916-01).

A fondamento di questo indirizzo, si osserva, innanzitutto, che la redazione del verbale nelle forme di cui all’art. 373 cod. proc. pen., imposta dall’art. 357, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., non è prescritta a pena di nullità e che, quindi, tale sanzione, in forza del principio generale di tassatività delle nullità di cui all’art. 177 cod. proc. pen., non è applicabile.

Si rappresenta, inoltre, che la conclusione affermativa dell’inutilizzabilità non può essere contestata in applicazione delle regole fissate dall’art. 194 e ss. cod. proc. pen. in tema di testimonianza, perché la disciplina appena richiamata opera solo con riferimento al dibattimento, il quale costituisce una fase eventuale del procedimento, stante la possibile definizione di questo mediante i riti alternativi, e, quindi, non può essere estesa agli atti di indagine della polizia giudiziaria, i quali si caratterizzano per la loro atipicità.

Alcune pronunce precisano pure, in modo puntuale, che proprio ed anche il principio di atipicità degli atti di indagine della polizia giudiziaria rende non applicabile, in riferimento alle dichiarazioni raccolte nella fase delle investigazioni e non formalizzate in un verbale, la disciplina della inutilizzabilità di cui all’art. 191 cod. proc. pen. (cfr., specificamente, Sez. 1, n. 15563 del 2009, cit., e Sez. 3, n. 5777 del 2014, cit.).

Non mancano, però, decisioni, anche recenti, che escludono l’utilizzabilità, ai fini dell’applicazione di misure cautelari, delle dichiarazioni raccolte dalla polizia giudiziaria e riportate nell’informativa di reato o in annotazioni di servizio, ma non sottoscritte dai dichiaranti (cfr., segnatamente: Sez. 6, n. 56995 del 06/11/2017, Rv. 271747-01; Sez. 2, n. 6355 del 25/01/2012, Rv. 252104-01; Sez. 6, n. 21937 del 01/04/2003, Rv. 225681-01; Sez. 6, n. 107 del 18/01/1993, Rv. 194502-01).

La maggior parte di queste decisioni ritiene che la violazione dell’obbligo di verbalizzazione determina la violazione del divieto di cui all’art. 191 cod. proc. pen.

Talvolta si evidenzia che l’omessa redazione del verbale è «obiettivamente contrastante con la necessità di consentire il vaglio delle fonti di prova in tutte le successive fasi processuali» (così, testualmente, Sez. 6, n. 56995 del 2017, cit.).

Altre volte si rileva che nella disciplina di cui all’art. 191 cod. proc. pen. sono «ricompresi […] tanto i divieti espliciti quanto i divieti impliciti individuati nelle norme che subordinano il compimento o l’uso di un atto a particolari forme, casi o presupposti», con «una proibizione implicita per tutti quelli non contemplati, in vista di una utilizzazione che incida così pesantemente sui diritti personali e patrimoniali delle persone» (la citazione è di Sez. 2, n. 6355 del 2012, cit., ma analoghe sembrano le considerazioni di Sez. 6, n. 21937 del 2003, cit.).

La decisione più risalente (Sez. 6, n. 107 del 1993, cit.), relativa, a differenza delle altre, ad un coindagato e non ad una persona informata sui fatti, ma sviluppando considerazioni generali indipendenti dalla qualità soggettiva del dichiarante, segue, invece, un percorso argomentativo diverso.

Invero, si esclude, in premessa, che le dichiarazioni non documentate in un verbale siano inutilizzabili, rilevandosi che non ricorre né l’inutilizzabilità generale di cui all’art. 191 cod. proc. pen. (mancando un espresso o implicito divieto) né una ipotesi di inutilizzabilità specifica.

Si osserva, però, che dette dichiarazioni non sono utilizzabili ai fini della emissione della misura cautelare nei confronti di altra persona chiamata in correità perché insuscettibili di qualunque utilizzazione dibattimentale, la quale presuppone una verbalizzazione dell’atto investigativo: precisamente, esse, siccome inidonee a concorrere, sia pure come indizio, alla formazione di un quadro probatorio che sorregga il giudizio di colpevolezza dell’imputato, non possono, a fortiori, costituire i “gravi indizi di colpevolezza” necessari per l’emissione di un provvedimento cautelare, dovendo questi essere tali da legittimare la probabilità di un giudizio di colpevolezza, sia pure con gli arricchimenti e gli ulteriori approfondimenti che potranno venire dall’ulteriore corso del procedimento.

La cassazione nel caso esaminato premesso che risulta che CK, al momento della sua escussione da parte della P.G. non era in grado di sottoscrivere il verbale in ragione del suo impedimento fisico.

Rileva, pertanto, la previsione di cui al combinato disposto degli articoli 357, comma 3, e 373, comma 4 cpp.

La prima disposizione prevede che la verbalizzazione avviene, da parte della polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall’articolo 373 c.p.p.

Il quarto comma della disposizione da ultimo citata stabilisce, inoltre, che “gli atti sono documentati nel corso del loro compimento ovvero immediatamente dopo quando ricorrono insuperabili circostanze, da indicarsi specificatamente che impediscono la documentazione contestuale”.

Quindi l’impedimento della persona informata sui fatti, costituisce idoneo presupposto per la mancata verbalizzazione delle relative dichiarazioni e il loro inserimento nell’annotazione.


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