Spiare moglie e figli con la telecamera in casa configura il reato 615 bis c.p.

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Spiare moglie e figli con la telecamera in casa configura il reato 615 bis c.p.

Studio Volpicelli
Pubblicato da R. Radi in Privacy · Lunedì 01 Apr 2024
Spiare moglie e figli con la telecamera in casa configura il reato 615 bis c.p.
di R. Radi


La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 4840 del 2 febbraio 2024 ha stabilito che il reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all’articolo 615-bis Cp si configura anche nel caso in cui sia uno dei conviventi nell’abitazione ad avere installato un sistema di ripresa – di immagini e suoni – destinato però a registrare, in sua assenza, gli atti della vita privata degli altri conviventi.

La convivenza non esclude il reato di interferenze illecite nella vita privata.

Sul punto ricordiamo che integra il reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all’art. 615-bis cod. pen. la condotta di colui che, mediante l’uso di strumenti di captazione visiva o sonora, all’interno della propria dimora, carpisca immagini o notizie attinenti alla vita privata di altri soggetti che vi si trovino, siano essi stabili conviventi o ospiti occasionali, senza esservi in alcun modo partecipe; ne consegue che detto reato non è configurabile allorché l’autore della condotta condivida con i medesimi soggetti e con il loro consenso l’atto della vita privata oggetto di captazione, cassazione 36109/2018.

Fattispecie in cui la Corte Suprema ha ritenuto corretta la qualificazione ai sensi dell’art. 615-bis cod. pen. della condotta dell’imputato che aveva filmato la propria moglie, nuda o seminuda, all’interno del bagno o della camera da letto, intenta all’igiene del corpo o alla cura della persona, in assenza di elementi che dimostrassero che la donna volesse condividere con l’imputato detti momenti di intimità.

Infine è doveroso ricordare la sentenza della sezione 5 n. 24848/2023 che ha stabilito, il delitto di cui all’art. 615-bis cod. pen., prevede, rispettivamente al primo e al secondo comma, due diverse ipotesi di reato, il c.d. delitto di indiscrezione e quello di rivelazione.

A venire in rilievo, nel caso di specie, è la prima figura di reato, caratterizzata da una determinata modalità della condotta (che deve estrinsecarsi attraverso l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora), da una precisa qualificazione del locus comissi delicti (i luoghi di privata dimora o le loro appartenenze ex art. 414 cod. pen.) e da un requisito di illiceità speciale, nel senso che il procacciamento di notizie o immagini attinenti alla vita privata della persona offesa svolgentesi nei luoghi indicati deve avvenire “indebitamente”.

Nell’interpretazione dell’indicato requisito di illiceità speciale, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha affermato che per escludere la rilevanza penale della condotta, non è decisivo che il fatto avvenga nell’abitazione di chi ne sia l’autore, ma ciò che rileva è che «il dominus loci non sia estraneo al momento di riservatezza captato» (Sez. 5, n. 22221 del 10/01/2017, Rv. 270236), laddove il disvalore penale non è ricollegato all’assenza del consenso da parte di chi viene ripreso (Sez. 5, n. 27160 del 02/05/2018, Rv. 273554).

Posto che oggetto giuridico del reato è la riservatezza domiciliare, formula che “identifica il diritto di esclusiva conoscenza di quanto attiene alla sfera privata domiciliare e cioè all’estrinsecazione della personalità nei luoghi di privata dimora”, la norma incriminatrice sanziona i soli comportamenti di interferenza posti in essere da chi risulti estraneo agli atti di vita privata oggetto di indebita captazione (Sez. 5, n. 36109 del 14/05/2018, Rv. 273598).

Dunque, l’interferenza illecita prevista e sanzionata dall’art. 615-bis cod. pen. è quella proveniente dal terzo estraneo alla vita privata e non già quella del soggetto che, invece, sia ammesso, sia pure estemporaneamente, a farne parte, mentre è irrilevante l’oggetto della ripresa, considerato che il concetto di “vita privata” si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato (Sez. 5, n. 1766 del 28/11/2007, dep. 2008, Rv. 239098).

Del tutto minoritario, invece, è l’indirizzo secondo cui l’avverbio “indebitamente” chiama in causa non già la riservatezza domiciliare nell’accezione sopra richiamata, ma la mancanza del diritto a procurarsi notizie o immagini attinenti alla vita privata che si svolgano in una privata dimora; di qui il principio di diritto secondo cui integra il delitto di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che carpisca, all’interno della propria dimora, con strumenti di captazione visiva o sonora, le immagini di un rapporto sessuale condiviso, là dove il “partner” non abbia implicitamente o esplicitamente prestato il proprio consenso alla ripresa, posto che il mancato consenso alla ripresa rende di per sé la condotta indebita, in quanto lesiva del diritto alla riservatezza del “partner” ignaro (Sez. 5, n. 13384 del 20/12/2018, dep. 2019, Rv. 275236).

L’indirizzo in sintesi richiamato non è condivisibile, perché attribuisce alla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 615-bis cod. pen. un’oggettività giuridica diversa dalla riservatezza domiciliare e simile alla libertà morale, bene giuridico, quest’ultimo che ha trovato (ulteriore) tutela nel paradigma punitivo di cui all’art. 612-ter cod. pen., introdotto – successivamente alla pronuncia in esame dall’art. 10 della legge 19 luglio 2019, n. 69, nel quale il caso concreto considerato dalla sentenza n. 13384 cit. sembrerebbe in effetti sussumibile.

Sicuramente sentiremo riparlare del tema della captazione di atti della vita privata di persona convivente effettuate all’interno della dimora.


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