Rifiuti.Trasporto occasionale di rifiuti propri da attività di impresa: la cassazione conferma obbligo di iscrizione all’albo
Pubblicato da Lexambiente in Rifiuti · Martedì 25 Giu 2024
Rifiuti.Trasporto occasionale di rifiuti propri da attività di impresa: la cassazione conferma obbligo di iscrizione all’albo
di Gianfranco Amendola
Di recente la Cassazione si è occupata ancora una volta di una antica e dibattuta questione relativa all’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali in caso di trasporto occasionale di rifiuti. Rinviando ad opere più dettagliate per approfondimenti1, sembra sufficiente, in questa sede, ricordare che, ai sensi dell’art. 212, comma 5 del TUA, tutte le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti sono obbligate alla iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, in mancanza della quale si applicano le sanzioni contravvenzionali di cui all’art. 256, comma 1. Si è, quindi, posta, in dottrina e giurisprudenza la questione se tale obbligo sussista anche in caso di un trasporto meramente occasionale: se, infatti, la legge, da un lato individua “chiunque” come autore del reato senza eccezioni di questo tipo, dall’altro si è osservato che, in realtà, al di là del dato meramente letterale, l’art. 256, comma 1 rinvia ad articoli ed attività chiaramente riferiti a una struttura organizzata, escludendone, quindi un soggetto privato che gestisca rifiuti solo in via meramente occasionale ed isolata. 2
La Suprema Corte sin dal 2013 evidenziava, in proposito, che “il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti si configura anche in presenza di una condotta occasionale, in ciò differenziandosi dall’art. 260 D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, che sanziona la continuità della attività illecita”3, aggiungendo, un anno dopo, che il reato di cui all’art. 256, comma 1 TUA comprende espressamente la condotta di chiunque effettui, tra le altre, una “attività di trasporto” anche in presenza di un solo trasporto4; precisando, successivamente, che “soltanto il trasporto «occasionale», inteso nel senso rigoroso di operazione oggettivamente isolata e del tutto priva di collegamento rispetto ad una stabile o, anche solo, continuativa attività di gestione di rifiuti o comunque scollegata da una fonte stabile di produzione del rifiuto stesso, fuoriesce dall’ambito di operatività della norma incriminatrice”5 e che “per individuare la natura non occasionale del trasporto di rifiuti vanno considerati, anche alternativamente, altri elementi univocamente sintomatici, quali, ad esempio, la provenienza del rifiuto da una determinata attività imprenditoriale esercitata da colui che effettua o dispone l’abusiva gestione, la eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del rifiuto quando risultino indicative di precedenti attività preliminari, quali prelievo, raggruppamento, cernita, deposito”6, per poi concludere che “trattandosi di illecito istantaneo, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1 cit. è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative tipizzate dalla fattispecie penale, purché costituisca una “attività” e non sia assolutamente occasionale, laddove è la stessa descrizione normativa ad escludere dall’area di rilevanza penale le condotte di assoluta occasionalità”7; ribadendo altresì che “ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 256 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, il carattere non occasionale della condotta di trasporto illecito di rifiuti può essere desunto anche da indici sintomatici, quali la provenienza del rifiuto da una attività imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l’abusiva gestione, la eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del rifiuto indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito”8.
In sostanza, quindi, la Suprema Corte ritiene che la contravvenzione prevista all’art. 256 TUA sia un reato istantaneo, solo eventualmente abituale, per la cui integrazione è sufficiente un unico trasporto abusivo di rifiuti, conseguendone quindi la punibilità dell’agente anche per una singola condotta occasionale, non costituendo l’abitualità della condotta un elemento indefettibile; precisando, nel contempo, che “l’assoluta occasionalità̀, idonea ad escludere il reato di cui all’art. 256, comma 1 dlv 152\06 non può̀ essere desunta o meno esclusivamente dalla natura giuridica del soggetto agente (privato, imprenditore, ecc.), dovendo invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter desumere un minimum di organizzazione, che escluda la natura esclusivamente solipsistica della condotta (ad es., dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, fine di profitto perseguito). In altri termini, se un soggetto appresta una serie di condotte finalizzate a quella contestata, quand’anche non operando in forma imprenditoriale, pone in essere una “attività̀” rilevante ex art. 256 cit. per la quale occorre preliminarmente ottenere i necessari titoli abilitativi”9. Infatti, per la sussistenza del reato, è necessaria l’effettuazione in modo non occasionale di un’”attività” di gestione di rifiuti e pertanto la condotta, per essere penalmente sanzionata, deve costituire una “attività“, tale non essendo, in ragione proprio della testuale espressione usata dal legislatore, la condotta caratterizzata da assoluta occasionalità10.
Conclusione condivisa da autorevole dottrina la quale, in primo luogo, ha precisato con chiarezza che si può parlare di assoluta occasionalità soltanto quando risulti che il soggetto abbia agito in modo individuale ed autosufficiente senza la predisposizione di un apparato organizzativo, in quanto “è del tutto illogico ipotizzare che colui che intenda effettuare una sola operazione di movimentazione di rifiuti – usiamo questa espressione per distinguere l’atto isolato ed occasionale rispetto all’attività di gestione dei rifiuti – si dia cura di predisporre una struttura, più o meno complessa, per compiere tale unica operazione”; evidenziando, subito dopo, a proposito di elementi probatori da considerare, che il principale attiene alla natura, provenienza e qualità dei rifiuti trasportati: “se, infatti, risulta ictu oculi che i rifiuti sono incompatibili con una provenienza «domestica» , è plausibilmente provato che il trasporto è effettuato per gestire i rifiuti provenienti dalla «propria» attività imprenditoriale «primaria» o per gestire i rifiuti «prodotti da terzi»”, ricordando che, comunque, un carico considerevole di rifiuti implica solitamente una più o meno lunga fase di deposito e stoccaggio degli stessi “con la conseguente necessità di disporre di un sito dedicato per l’appunto a tale stoccaggio” e che altro indice importante a dimostrazione del minimum di organizzazione che si è impressa all’attività è l’impiego di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti in quanto “l’utilizzo di un mezzo appositamente apprestato (un autocarro, ad esempio) è sufficiente, di regola, per affermare che il soggetto sta effettuando un’attività di gestione dei rifiuti”.11
In questo quadro si inserisce, da ultimo, in relazione ad uno scarico non autorizzato di rifiuti su terreno privato la sentenza della Cassazione penale, terza sezione, n. 14720 del 10 aprile 2024, Tricomi12 la quale, pur se stringatamente, conclude che “anche l’occasionale attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti nell’esercizio della propria attività d’impresa richiede l’iscrizione nell’Albo nazionale gestori ambientali, sia pur nell’apposita sezione di cui all’art. 212, comma 8, d.lgs. 152/2006 e secondo la procedura semplificata ivi descritta, che presuppone una comunicazione” e che “l’inadempimento di tali obblighi di comunicazione e iscrizione integra la contravvenzione di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152/2006”; dove, dopo aver confermato l’obbligo di iscrizione, si richiama, con riferimento al caso in esame, la procedura semplificata dell’art. 212, comma 8 TUA, secondo cui i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno sono esentati dagli obblighi relativi alla procedura ordinaria e possono beneficiare di una procedura semplificata, con iscrizione in un’apposita sezione dell’Albo previa comunicazione con cui l’interessato attesta sotto la sua responsabilità: “a) la sede dell’impresa, l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti; c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo; d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro ….”; per poi ribadire che “l’inadempimento di tali obblighi di comunicazione e iscrizione integra, per pacifico orientamento, la contravvenzione di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152/2006”, come confermato, da ultimo da Cass. pen., sez. 3, n. 26435 del 23/03/2016, Pagliuchi, Rv. 267660, secondo cui “nelle ipotesi di trasporti occasionali o episodici di rifiuti propri non pericolosi, risponde del reato di cui all’art. 256, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, chiunque vi provveda con mezzi propri e non autorizzati, anziché attraverso imprese esercenti servizi di smaltimento iscritte all’Albo nazionale dei gestori ambientali”.
Conclusione che può essere condivisa o meno ma rispetto alla quale è appena il caso di evidenziare che, in realtà, in questa materia, nonostante le carenze e le incertezze connesse con la lettera e i cambiamenti di una legge nata male e finita peggio, grazie anche all’opera della giurisprudenza, si sono raggiunte alcune certezze importanti. Quello che manca, come sempre, è un apparato di controllo adeguato e specializzato che la faccia rispettare.