Rifiuti. Attività di rottamazione e VIA
Pubblicato da Lexambiente in Rifiuti · Lunedì 13 Nov 2023
Rifiuti.Attività di rottamazione e VIA
TAR Sicilia (PA) Sez. II n. 3057 del 13 ottobre 2023
Le opere e le attività da sottoporsi ad assoggettabilità a VIA o a VIA sono elencate nell’allegato III e IV della parte II del D.lgs. n. 152/2006, e che nella parte relativa ai rifiuti non rientrano in tale elenco le operazioni R13, mentre le operazioni D15 - per i rifiuti non pericolosi - pur rientrandovi divengono rilevanti solo in caso di superamento della soglia di 40 tonnellate al giorno (cfr. punto 7, lettera t), della parte seconda, allegato IV del D.lgs. n. 152/2006).
Pubblicato il 13/10/2023
N. 03057/2023 REG.PROV.COLL.
N. 02069/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2069 del 2022, proposto dalla ditta Autodemolizioni -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Salvatore Casarrubia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento:
- del D.R.S. n. -OMISSIS-, trasmesso con la nota prot. n.-OMISSIS-e in pari data notificato, adottato dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente/Dipartimento dell’Ambiente.
nonché, ove occorra:
- del parere della Commissione Tecnica Specialistica n.-OMISSIS- allegato al provvedimento principale;
- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale, comunque lesivo per la ricorrente, ancorché dalla medesima non conosciuto;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2023 il dott. Antonino Scianna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Espone la ricorrente di gestire, nel Comune di -OMISSIS-, un centro di raccolta per lo stoccaggio e la rottamazione di rottami di ferro, la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione dei veicoli a motore, rimorchi e simili e loro parti. L’impianto è stato realizzato in forza del D.A. n. 811/18 del 29 dicembre 2000, ed aveva in origine una superficie complessiva di mq 5080.
Nel corso del tempo, l’originaria consistenza dell’impianto in parola è stata modificata in virtù dei seguenti provvedimenti:
a) l’ordinanza commissariale -OMISSIS-, con la quale cui è stato approvato il progetto di adeguamento del centro di raccolta a quanto previsto dall’art. 15, comma 2, del D.lgs. n. 209/2003, per le fasi di messa in sicurezza e demolizione di cui alle lettere g) ed h) dell’art. 3 della citata disposizione;
b) l’ordinanza commissariale n. -OMISSIS- di rinnovo dell’autorizzazione di impianto e l’ordinanza commissariale n. -OMISSIS-, con le quali cui è stata portata la potenzialità annua del centro di raccolta rispettivamente a 3130 tonnellate di rifiuti non pericolosi ed a 3032 tonnellate di rifiuti pericolosi;
c) l’ordinanza commissariale n.-OMISSIS-, con la quale è stato approvato il progetto di adeguamento del centro di raccolta al D.lgs. n. 151/2005;
d) il decreto n. -OMISSIS-, con il quale è stata autorizzata l’attività di recupero R4 per rifiuti non pericolosi;
e) il decreto-OMISSIS- di rinnovo dell’autorizzazione del centro di raccolta, con cui è stato altresì disposto che l’impianto già autorizzato, a mente della citata ordinanza n.-OMISSIS- per le attività di “trattamento” di messa in sicurezza e demolizione dei veicoli fuori uso (art. 3 d. lgs. 209/2003, lett. g e h), doveva intendersi autorizzato anche per la “separazione del rame o dell’alluminio dei cavi elettrici, dall’involucro in gomma o PVC, con conseguente recupero dei materiali separati; nella prima separazione di parti di grossa pezzatura, metalliche e non, attraverso l’utilizzo di una cesoia e nella riduzione volumetrica, delle tipologie di rifiuti metallici e non”;
f) il decreto n. -OMISSIS-, con il quale il centro è stato autorizzato anche alla gestione del rifiuto R13.
Con nota del 5 agosto 2020, la ricorrente ha presentato alla competente Amministrazione regionale istanza di valutazione preliminare ex art. 6, comma 9, del D.lgs. n. 152/2006 per un ulteriore progetto di modifica dell’impianto in parola afferente, in sintesi, al recupero e smaltimento di ulteriori tipologie di rifiuti (in particolare di quelli identificati con il codice CER 16 06 05 “altre batterie e accumulatori”), la rimodulazione delle aree di stoccaggio e l’incremento della potenzialità massima autorizzata annua a 4.000 tonnellate per i rifiuti pericolosi e per quelli non pericolosi.
Con nota prot. n. -OMISSIS- veniva comunicata alla proponente la procedibilità dell’istanza e la pubblicazione, unitamente all’allegata documentazione, sul Portale Regionale Valutazioni Ambientali. Sulla base della documentazione trasmessa veniva effettuata una valutazione preliminare delle modifiche richieste, al fine di individuare l'eventuale procedura ambientale di cui al Titolo III della parte II del D.lgs. 152/2006 da avviare, così come previsto dall’art. 6, comma 9, del suddetto decreto.
L'Amministrazione però, a valle dell'istruttoria, con il rapporto n. -OMISSIS-concludeva che “la modifica della potenzialità di trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi dell’impianto richiesta rispetto a quanto valutato con D.A. -OMISSIS- rientra tra le tipologie di cui al D.lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii., parte seconda, allegato IV, punto 8, lettera t) “modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato III o all'allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull'ambiente (modifica o estensione non inclusa nell'allegato III)” e che “l’incremento di potenzialità annua autorizzata insieme alle altre modifiche apportate senza la previa sottoposizione alle procedure ambientali ricadono nella fattispecie di cui all’art. 29 del D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii.”.
Sulla scorta della sopracitata istruttoria, con D.R.S. n. -OMISSIS- veniva stabilito che le modifiche comunicate e già autorizzate, ai sensi dell’art. 208 del D.lgs. n. 152/2006, “devono essere sottoposte alla procedura di verifica di assoggettabilità a V.I.A. prevista dall’art. 19 del D.lgs. n. 152/2006. Il proponente è onerato di presentare la relativa istanza entro 30 (trenta) giorni dalla notifica del presente provvedimento”.
Seguiva anche la diffida, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 152/2006 dall’esercitare l’impianto a condizioni diverse da quelle di cui agli elaborati progettuali presentati nell’ambito del procedimento di VIA di cui D.A. n. -OMISSIS-.
In ultimo, al fine di scongiurare eventuali ulteriori sanzioni, in data 5 febbraio 2021 la società Autodemolizione -OMISSIS- S.r.l. presentava istanza di verifica di assoggettabilità ex art. 19 del D.lgs. n. 152/2006, per il progetto già sottoposto a valutazione preliminare.
2. Per chiedere l’annullamento del citato D.R.S. n. -OMISSIS-, la ricorrente è insorta con il ricorso n. 672/2021 r.g., che il Tribunale ha accolto con sentenza n. -OMISSIS-, ritenendo il provvedimento impugnato affetto da vizio di motivazione, atteso che “l’amministrazione, con il provvedimento gravato, nel rinviare per relationem al rapporto istruttorio del 31 dicembre 2020, pure impugnato, non svolge un’analisi completa del complesso iter procedimentale che ha portato sia a concedere il nulla osta ai sensi dell’art. 5 della L.R. 181/81, con D.A. n. -OMISSIS-, e poi anche a disporre proroghe e modifiche dell’originaria autorizzazione”.
La citata sentenza n. -OMISSIS- non è stata impugnata ed è passata in giudicato.
3. Successivamente però l’Amministrazione in esito alla citata istanza, presentata come detto il 5 febbraio 2021, di verifica di assoggettabilità ex art. 19 del D.lgs. n. 152/2006 per il progetto già sottoposto a valutazione preliminare, previo parere della Commissione tecnica specialistica n.-OMISSIS- adottava il D.R.S. n. -OMISSIS-, trasmesso con la nota prot. n.-OMISSIS-con il quale stabiliva di assoggettare alla Valutazione di Impatto Ambientale ex art. 23 del D.lgs. n. 152/2006 l’intero impianto di proprietà della ditta -OMISSIS-.
Per chiedere l’annullamento di tale provvedimento è quindi insorta la ricorrente con il ricorso in epigrafe, notificato il 24.11.2022, depositato il 17 dicembre successivo ed affidato alle seguenti censure:
3.1. Eccesso di potere per difetto di istruttoria in ordine all’esito della procedura di cui all’art. 6, comma 9 del D. Lgs n. 152/2006.
Lamenta la ricorrente che, in ragione dell’intervenuto annullamento giurisdizionale del precedente decreto n.-OMISSIS-, l’Amministrazione non avrebbe dovuto dare seguito alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA, essendo venuto meno con il decreto sopra citato il presupposto della ridetta richiesta di assoggettabilità a VIA. In sostanza, ci si duole del fatto che il provvedimento impugnato sarebbe stato emanato sulla scorta di un precedente atto già annullato dal Giudice amministrativo, e senza verificare le condizioni del potere esercitato.
3.2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 29 D.Lgs. n. 152/2006 e 7 della L. 241/1990 – Nullità per violazione e/o elusione del giudicato (art. 21 septies della L. 241/1990) - Violazione e falsa applicazione del punto 8. lett. c, dell’Allegato IV, Parte II, T.U.A. ovvero eccesso di potere per disparità di trattamento e per manifestazioni di volontà contraddittorie – Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità.
Con il secondo ordine di censure parte ricorrente denunzia che il gravato provvedimento sarebbe elusivo del giudicato, che sarebbe stato emanato sulla base di un presupposto insussistente, e che la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA, attivata per opere ancora da realizzarsi con istanza del 3 febbraio 2020, non avrebbe potuto consentire all’Amministrazione di espandere la valutazione anche a quanto già autorizzato dal 2000 in poi. La procedura in questione sarebbe infatti esclusivamente preventiva, e non potrebbe operare con riguardo a modifiche già autorizzate o ad opere eseguite. Sebbene la possibilità di una verifica postuma sia prevista dall’art. 29, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006, tale tipologia di verifica non sarebbe stata attivata nel caso all’esame, atteso che la norma citata non è mai citata nel provvedimento impugnato, e che l’istanza di verifica di assoggettabilità era stata presentata soltanto per le nuove opere ancora da realizzare.
Sotto diverso profilo parte ricorrente lamenta altresì, per un verso, che comunque l’impianto in parola, in ragione dell’estensione dell’area interessata dall’attività, sarebbe esentato dalla verifica di assoggettabilità, a mente del punto 8, lettera c), della parte seconda, allegato IV del D.lgs. n. 152/2006 e, per altro verso, che non tutte le operazioni di gestione descritte nel rapporto istruttorio successivamente annullato, e poi riprese nel parere della C.T.S., sarebbero ope legis sottoposte alla ridetta verifica.
3.3. Difetto di istruttoria in ordine ai vincoli di localizzazione applicati – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 1 del D. Lgs. 209/2003.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente, premesso che la localizzazione dell’impianto sarebbe stata vagliata dall’Amministrazione nell’assentire l’avvio dell’impianto, lamenta che i vincoli di localizzazione espressi nel parere della C.T.S. traggono la loro ragion d’essere dal decreto del Presidente Regione Sicilia n. -OMISSIS-e che, non essendo previsti nella pianificazione regionale in materia di rifiuti speciali vigente allorquando venne autorizzata l’espansione della superficie dell’impianto, non sarebbero applicabili alla fattispecie.
3.4. Difetto di istruttoria ed eccesso di potere per travisamento dei fatti in ordine ad altri punti del parere della C.T.S. – Violazione e falsa applicazione del D.M. 30.03.2015.
Con l’ultimo ordine di censure si denunziano vari profili di eccesso di potere per difetto di istruttoria da cui sarebbe affetto il provvedimento impugnato, con riguardo all’impianto di trattamento delle acque meteoriche, allo smaltimento delle acque depurate, alla mancata verifica di eventuali cumuli con altri impianti esistenti o autorizzati.
4. Il 28 dicembre 2022 si è costituita in giudizio con memoria di stile l’Amministrazione intimata.
Con ordinanza n.-OMISSIS-, la Sezione ha ritenuto che le esigenze cautelari prospettate dalla ricorrente potessero essere soddisfatte ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a. con la fissazione dell’udienza per l’esame del merito.
In vista della discussione la resistente Amministrazione, in data 24 luglio 2023, ha depositato documentazione; con memoria del 28 luglio successivo parte ricorrente ha insistito per il rigetto del ricorso, e la causa è stata trattenuta in decisione in esito all’udienza pubblica del 19 settembre 2023.
5. Il primo ordine di censure è infondato e va respinto.
Per quanto, in effetti, sia evidente che la ricorrente sia stata indotta a presentare (il 5 febbraio 2021), l’istanza di verifica di assoggettabilità in esito alla quale è stato adottato il provvedimento impugnato dall’esigenza di arginare gli effetti del D.R.S. n. -OMISSIS-, reputa il Collegio che l’Amministrazione, in mancanza della revoca dell’istanza predetta, si sia legittimamente determinata ad esitarla, anche in considerazione della sostanziale diversità tra l’istanza di valutazione preliminare ex art. 6, comma 9, del D.lgs. n. 152/2006 ed il ridetto procedimento di verifica di assoggettabilità ex art. 19 del D.lgs. n. 152/2006.
6. Il secondo motivo di ricorso è invece fondato nei termini di cui si dirà.
6.1. Non coglie nel segno la doglianza con la quale parte ricorrente denunzia che i provvedimenti impugnati siano elusivi del giudicato nascente dalla sentenza di questo Tribunale Amministrativo, n. -OMISSIS-.
Anche a non considerare la dubbia ammissibilità della censura in sede di giudizio di cognizione (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 15 gennaio 2013, n. 2), essa è infondata avendo l’Amministrazione sostenuto la necessità di sottoporre l’impianto a valutazione di impatto ambientale anche con riferimento a profili (la localizzazione dell’impianto) che non hanno formato oggetto delle statuizioni di cui alla sentenza citata, e che non integrano l'ambito della deducibilità.
6.2. È destituita di fondamento anche la censura con la quale si contesta la possibilità di sottoporre a valutazione di impatto ambientale tutto l’impianto e non solo le modifiche da ultimo proposte.
Il punto 8, lettera t), dell'Allegato IV alla Parte II del D.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce che sono sottoposte a verifica di assoggettabilità a VIA le "modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato III o all'allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull'ambiente".
Orbene, tale disposizione muove dall'implicita premessa che il progetto "già autorizzato, realizzato o in fase di realizzazione" sia ancora da sottoporre a VIA secondo la normativa vigente: in altre parole, la disposizione sottopone a VIA le "modifiche o estensioni" di progetti che, se fossero presentati ex novo, sarebbero tuttora da sottoporre a VIA.
Siffatta interpretazione risponde a ragioni d'ordine logico: la sottoposizione di modifiche od estensioni di progetti alla procedura di VIA si spiega solo se il progetto modificato od esteso sia, a sua volta, ancora da sottoporre a VIA. Argomentando a contrario, infatti, si avrebbe che dovrebbero essere sottoposte a VIA (ossia ad un aggravamento del procedimento) modifiche od estensioni di un progetto che, se fosse presentato ora, non vi dovrebbe essere sottoposto (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5972). In sostanza se è vero che, di norma, il giudizio di compatibilità ambientale riguarda il progetto di modifica o di ampliamento dell'impianto (e non si estende pertanto all'intera opera), laddove tale progetto possa determinare ripercussioni negative sull’ambiente appare ragionevole che, per giudicare l'impatto ambientale della modifica richiesta, si tenga conto anche dell'impianto preesistente, perché gli effetti di quanto progettato si possono apprezzare soltanto tenendo conto dell'intera struttura e dell'intero processo produttivo.
Sul punto, la Corte di Giustizia UE ha avuto modo di evidenziare che, in caso di omissione di una valutazione di impatto ambientale di un progetto, "…il diritto dell'Unione, da un lato, impone agli Stati membri di rimuovere le conseguenze illecite di tale omissione e, dall'altro, non osta a che una valutazione di tale impatto sia effettuata a titolo di regolarizzazione, dopo la costruzione e la messa in servizio dell'impianto interessato, purché: le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non offrano agli interessati l'occasione di eludere le norme di diritto dell'Unione o di disapplicarle; la valutazione effettuata a titolo di regolarizzazione non si limiti alle ripercussioni future di tale impianto sull'ambiente, ma prenda in considerazione altresì l'impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione…” (Corte di giustizia UE, 28 febbraio 2018, causa C- 117/17; Corte di giustizia UE, 26 luglio 2017, cause riunite C-196 e C- 197; Corte di giustizia, 17 marzo 2011, causa C-275/09).
6.3. Il Collegio reputa invece fondate le doglianze con le quali parte ricorrente lamenta che l’impianto in parola avrebbe dovuto essere esentato dalla verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, a mente del punto 8, lettera c), della parte seconda, allegato IV del D.lgs. n. 152/2006, e che non tutte le operazioni di gestione dei rifiuti trattati sono sottoponibili alla ridetta verifica.
Con riferimento al primo profilo osserva il Collegio che, per quanto la “…ditta AUTODEMOLIZIONI -OMISSIS- S.r.l., ubicata in -OMISSIS- (CT), lungo la -OMISSIS-ha la disponibilità di una superficie totale di circa 10.600 mq…”, tuttavia la “…estensione dell’area interessata dall’attività in oggetto: [è pari a] 9.755 m2” (cfr. pag. 6 del parere C.T.S. n. -OMISSIS-allegato 002 del deposito originale; analoghi riferimenti all’estensione dell’area dell’impianto alle pagine 20 e 24 del citato parere). Pertanto, a norma del citato punto 8, lettera c), della parte seconda, allegato IV del D.lgs. n. 152/2006, poiché nel caso di specie, la superficie dell’area di progetto risulta essere inferiore ad un ettaro, l’impianto per cui è causa non avrebbe potuto essere assoggettato a valutazione di impatto ambientale.
Limitatamente alle operazioni R13 (messa in riserva di rifiuti per sottoporli ad operazioni di riciclaggio, rigenerazione, recupero o trattamento) e D15 - per i rifiuti non pericolosi - (deposito preliminare dei rifiuti prima di una delle operazioni finalizzate allo smaltimento di essi) è fondata anche la censura con la quale parte ricorrente ne contesta l’assoggettamento a VIA. Sul punto va evidenziato che le opere e le attività da sottoporsi ad assoggettabilità a VIA o a VIA sono elencate nell’allegato III e IV della parte II del D.lgs. n. 152/2006, e che nella parte relativa ai rifiuti non rientrano in tale elenco le citate operazioni R13, mentre le operazioni D15 - per i rifiuti non pericolosi - pur rientrandovi divengono rilevanti solo in caso di superamento della soglia di 40 tonnellate al giorno (cfr. punto 7, lettera t), della parte seconda, allegato IV del D.lgs. n. 152/2006), di molto superiore a quella di 4.000 tonnellate annue qui in questione (cfr. in termini TAR Lazio, Sez. V, 12 luglio 2022, n. 9542).
7. Il Collegio reputa fondata anche la doglianza con cui parte ricorrente denunzia che i vincoli di localizzazione dell’impianto non erano previsti al momento in cui ne venne autorizzata la realizzazione e che, pertanto, tali vincoli, rivenienti dal decreto del Presidente Regione Sicilia n. -OMISSIS-, non sarebbero stati applicabili nella vicenda all’esame.
La questione dell'ammissibilità di una valutazione d'impatto ambientale su impianti preesistenti all'entrata in vigore delle disposizioni che ne imporrebbero la sottoposizione è stata affrontata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 209 del 2011, con la quale è stata evidenziata la necessità “di "vegliare" a che l'effetto utile della direttiva n. 85/337/CEE sia comunque raggiunto, senza tuttavia rimettere in discussione, nella loro interezza, le localizzazioni di tutte le opere e le attività ab antiquo esistenti. Ciò sarebbe contrario al ragionevole bilanciamento che deve esistere tra l'interesse alla tutela ambientale ed il mantenimento della localizzazione storica di impianti e attività, il cui azzeramento - con rilevanti conseguenze economiche e sociali - sarebbe l'effetto possibile di un'applicazione retroattiva degli standard di valutazione divenuti obbligatori per tutti i progetti successivi al 3 luglio 1988, data di scadenza del termine di attuazione della suddetta direttiva… Un ragionevole bilanciamento degli interessi in campo - la tutela dell'ambiente e l'iniziativa economica privata - entrambi costituzionalmente protetti, giustifica l'intento di non travolgere e azzerare opere o attività da lungo tempo legittimamente localizzate…”.
Ne consegue che, comunque, il giudizio di compatibilità ambientale pur potendo riguardare l'intera opera, e sempre che ricorra il presupposto delle “notevoli ripercussioni negative sull'ambiente” non potrebbe comunque determinare l’effetto escludente paventato dal provvedimento impugnato (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 14 luglio 2020, n. 3086), come del resto ammesso dalla stessa resistente Amministrazione che, a pag. 13 del parere n. -OMISSIS- (allegato 001 al deposito documentale del 24 luglio 2023), evidenzia “…l’impossibilità che una valutazione postuma possa condurre alla demolizione dell’opera, mentre è del tutto ammissibile che non venga consentita, o venga sottoposta a particolari condizioni, la futura attività o la modifica richiesta”.
Anche a non tener conto di quanto esposto, reputa il Collegio che non vi siano ragioni nella vicenda all’esame per discostarsi dalle conclusioni cui è pervenuto il Giudice d’appello in una vicenda analoga a quella all’esame, nella quale è stato rilevato “…che il capitolo IX del D.P.R.S. 21 aprile 2017, n. 10… precisa che i criteri generali per le localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti speciali riportati nello stesso capitolo si applicano alle istanze di cui agli articoli 208, 211, 214 e 216 d.lgs. n. 152 del 2006 e del D.P.R. 59 del 2013, relativamente a nuovi impianti e modifiche agli impianti esistenti che comportano mutamenti agli estremi catastali riportati nel provvedimento di autorizzazione e modifica tecnica che implica un aumento nella produzione di emissioni nelle diverse componenti ambientali (indipendentemente dalla capacità di trattamento impiantistica).
Al punto 2 del capitolo IX, è espressamente sancito che nell’adeguamento del P.R.R.S., operando lo stesso su scala regionale, non si prevedono puntuali e precise localizzazioni di siti ove ubicare il fabbisogno impiantistico per il recupero e lo smaltimento, per cui il processo di localizzazione di nuovi impianti viene formulato in forma di Linee Guida.
Ne consegue che la disciplina contenuta nel regolamento non ha una immediata portata precettiva per quanto concerne la localizzazione degli impianti, fungendo da parametro di riferimento per l’esercizio delle competenze provinciali che, ai sensi dell’art. 197, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 152 del 2006, devono individuare, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento e sentiti le Autorità d’ambito ed i Comuni, le zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché le zone idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.
Le stesse Linee Guida, peraltro, evidenziano che, ai sensi dell’art. 196, comma 3, “le Regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche”.
L’identificazione del sistema dei vincoli relativi alla localizzazione di nuovi impianti per lo smaltimento ed il recupero di rifiuti speciali - pericolosi e non - è stata ispirata, tra l’altro, alla previsione che la localizzazione di tutti i nuovi impianti, eccetto le discariche, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia urbanistica, avvenga in maniera privilegiata in aree industriali definite ai sensi del D.M. n. 1444 del 1968, come zone di tipo D, relative alle parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati (art. 196, comma 3, e 199, comma 3, lett. a), del d.lgs. n. 152 del 2006)…” (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale, 27 gennaio 2022, n. 126).
In sostanza, atteso che l’area interessata dall’impianto è stata interessata da una variante allo strumento urbanistico vigente, ed è stata classificata come zona D1.1 destinata ad attività produttive artigianali ed industriali (cfr. pag. 6 del parere C.T.S. n. -OMISSIS-allegato 002 del deposito originale) occorre concludere che, contrariamente a quanto evidenziato nei provvedimenti impugnati, il vincolo escludente non potrebbe comunque operare nel caso di specie essendo l’impianto ubicato in zona destinata ad insediamenti produttivi.
8. Per le ragioni esposte e con assorbimento delle ulteriori censure dedotte il ricorso, nei limiti esposti in motivazione, è fondato e va accolto, con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
9. In considerazione della peculiarità della vicenda controversa sussistono i requisiti di legge per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i soggetti nominativamente indicati nel presente provvedimento.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Federica Cabrini, Presidente