Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: modifiche al Codice Rosso e guerre in Procura

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Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: modifiche al Codice Rosso e guerre in Procura

Studio Volpicelli
Pubblicato da Diritto e Giustizia in Codice rosso · Lunedì 27 Nov 2023
Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: modifiche al Codice Rosso e guerre in Procura

Ogni anno, dal 1999, si ricordano le sorelle Mirabal, trucidate il 25 novembre 1960 e, con loro, tutte le vittime di omicidi, stupri, maltrattamenti, persecuzioni ed altre nefandezze. Di genere femminile. Non perché gli uomini non siano parti lese di questi reati, ma perché il numero di donne è esponenzialmente – ogni anno di più- maggiore e cresce altresì la percentuale di quelle che cadono per mano di mariti, amanti, ex fidanzati. Siamo al 90%, secondo le stime pubblicate dal Senato nel Dossier del 23 ottobre 2023.
di   Alessia Sorgato

SOMMARIO
Uno sguardo alle novità introdotte
L'obbligo di ascolto della p.o. nel Codice rosso
Ma era necessaria questa legge?
O forse questa legge è controproducente?
Prime (amare) conclusioni
Ogni anno in questa stagione ci si scalmana per fornire stime, dati numerici, la conta dei cadaveri fino alla mezzanotte del 24: l'ultima volta che ho controllato – ossia il 25 ottobre- eravamo a quota 100. Un numero assolutamente invariato rispetto agli anni scorsi. La media continua ad assestarsi sui tre giorni e mezzo: ad ognuno di questi intervalli temporali in Italia una donna muore. E noi cosa facciamo intanto?

C'è chi guarda e si indigna, c'è chi lavora per prevenire il fenomeno, chi si dedica a punirlo. Ma la legge sembra sempre un passo indietro rispetto alla cronaca che, peraltro, riporta solo la punta dell'iceberg. Il sommerso rimane preponderante. Anche a ottobre di quest'anno il legislatore mette mano ai dati e licenzia una novella. L'ha chiamata Codice rosso rafforzato.

Uno sguardo alle novità introdotte

Con Legge 8 settembre 2023, n. 122, intitolata Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, concernenti i poteri del procuratore della Repubblica in caso di violazione dell'art. 362, comma 1-ter c.p.p., in materia di assunzione di informazioni dalle vittime della violenza domestica e di genere, si sono aggiunti un paio di comma alle disposizioni relative alla riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero.

In queste norme sono attribuiti al Procuratore della Repubblica i compiti di predisporre le misure organizzative finalizzate a garantire l'efficace e uniforme esercizio dell'azione penale, tenendo conto dei criteri di priorità di cui alla successiva lettera b), che rimanda sia a quelli generali indicati dal Parlamento con legge, sia a quelli più specifici inerenti il numero degli affari da trattare, la specifica realtà criminale e territoriale e l'utilizzo efficiente delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili. Lo stesso Procuratore conserva evidentemente compiti di coordinamento e di direzione dei procuratori aggiunti ed individua i criteri di assegnazione e di coassegnazione dei procedimenti e le tipologie di reato per le quali i meccanismi di assegnazione dei procedimenti sono di natura automatica.

La nuova norma, aggiungendo un comma 2 bis all'articolo 1, tocca in particolare i criteri e le modalità di revoca dell'assegnazione dei procedimenti (già citati al comma 1 lett. e) perché stabilisce che quando si procede per delitti di omicidio, anche tentato, nonché maltrattamenti, violenza sessuale anche di gruppo, atti persecutori, lesioni aggravate e mutilazioni genitali femminili (anch'essi sia consumati che tentati), il Procuratore può revocare l'assegnazione del fascicolo al Sostituto il quale non abbia osservato le disposizioni dell'art. 362 comma 1 ter cpp.

Questa ablazione dev'essere motivata, comporta possibilità di contraddittorio perché il magistrato cui tolta l'indagine può presentare osservazioni scritte.

In ogni caso provvede un altro Sostituto, o il Procuratore stesso, all'adempimento pretermesso, ossia l'ascolto della persona offesa e di chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, salvo sussistano imprescindibili esigenze di tutela dei minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa.

La seconda novità introdotta è una relazione di monitoraggio che, acquisiti i dati trimestrali dalle varie procure del distretto, il procuratore dovrà inviare due volte all'anno all'omologo collega di Cassazione, onde tener conto del rispetto del termine da parte dei vari Sostituti.

L'obbligo di ascolto della p.o. nel Codice rosso

Tra i temi-pilota che avevano particolarmente infervorato il dibattito prima dell'approvazione del testo, poi licenziato come legge n. 69 del 2019, figurava certamente l'obbligo di sentire la parte lesa entro tre giorni dall'avvio dell'indagine. Prendeva spunto da una serie di vicende di cronaca molto gravi, una almeno delle quali aveva condotto alla condanna dell'Italia da parte della Corte di Strasburgo, rea di non aver ascoltato il grido di paura espresso da una moglie in varie denunce. Ma se in quelle ipotesi-limite la parte lesa si era vista costretta a sporgere più querele (ben oltre la dozzina, se non erro, in quel caso), senza peraltro mai venir convocata, ed aveva poi trovato la morte proprio per mano del soggetto più volte indicato, il rimedio trovato per far fronte alle necessità ravvisate dalla Corte Europea come carenze nel nostro sistema non si è dimostrato adeguato. Banalizzare - appiattendo il bisogno di riascoltare la vittima, per farsi aggiornare, a esigenza urbi et orbi senza distinguo, e per giunta dopo soli tre giorni- ha condannato la norma alla obliterazione. Poche sono le pronunce giurisprudenziali che se ne occupano, ma convergono su di un risultato pratico di buon senso: non è sempre indispensabile risentirla. Plastica, nella sua esemplare semplicità, è infatti la massima che recita: “La mancata escussione della persona offesa dal reato nel termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato ai sensi dell'articolo 362, comma 1-ter, del Cpp, non impedisce l'applicazione di una misura cautelare personale trattandosi di termine la cui inosservanza è priva di sanzione processuale. La norma, infatti, è ispirata alla finalità di evitare che eventuali stasi, nell'acquisizione e nell'iscrizione delle notizie di reato o nello svolgimento delle indagini preliminari, possano pregiudicare la tempestività di interventi, cautelari o di prevenzione, a tutela della vittima di violenza domestica o di genere, cosicché si pone il detto termine “acceleratorio”, privo però di sanzione processuale, che non impedisce affatto, quindi, di applicare una misura cautelare, nelle more che abbia luogo l'assunzione delle informazioni, ovviamente sempreché i gravi indizi e le esigenze cautelari già constino in atti magari proprio sulla base di quanto esposto in querela (Cassazione penale sez. V - 12/11/2020, n. 11430 in Guida al diritto 2021, 19).

Ma era necessaria questa legge?

Un iter legislativo non è cosa di poco momento. Prevede specifici step nella presentazione, nell'esame preliminare da parte delle Commissioni coinvolte, passa di tavolo in tavolo e impegna politici, assistenti, personale vario.

E allora andiamo a vedere se fosse davvero necessaria, perché a mobilitare tutte queste risorse deve essere un intento meritorio e un obiettivo meritevole, altrimenti si fa grancassa e non si risolvono i problemi reali.

Partiamo dal fondo: l'attività di vigilanza del Procuratore generale presso la Corte d'Appello sul “corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale, l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato e il rispetto delle norme sul giusto processo nonché il puntuale esercizio da parte dei procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo ed organizzazione degli uffici a cui preposti era già contemplata dall'art. 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006, come era già prevista la relazione- almeno annuale- da trasmettere al collega presso la Corte Suprema. Aver precisato che a tale obbligo si aggiunga lo specifico invio dei dati sulla revoca delle assegnazioni per violazione della – chiamiamola per semplicità “regola dei tre giorni” - non pare dirimente, potendo essere già ravvisata in quella “osservanza sull'iscrizione delle NR”, visto che è da essa che decorre il termine.

E fin qui siamo nell'area del superfluo.

Entriamo nell'area dell'inutile: nelle disposizioni contenute nella Novella in esame non si ravvisano sanzioni per il Pm ritardatario o omissivo, né conseguenze pratiche e concrete a favore del soggetto danneggiato, che dovrebbe continuare ad essere considerato in primis la vittima, e di conseguenza il principio di economia processuale e speditezza delle indagini di cui godono tutti i reati di area spiccatamente endofamigliare, violenta e ad impronta vittimologica. Per esempio, per dirne una, non viene sospeso il termine di fase e complessivo delle indagini durante il tempo necessario a tali adempimenti, col risultato che l'inchiesta, tra revoca dell'assegnazione e riassegnazione nonché all'espletamento della vituperata audizione, potrebbe risultare congelata, e quindi improduttiva. Non sono previsti raccordi con le norme processuali regolative, per fornire altro esempio, delle impugnazioni delle misure cautelari, col risultato che nel caso in cui il Gip avesse respinto la richiesta, mancherebbe il Sostituto cui sia appannaggio ricorrere all'appello ex art. 310 cpp. Altro interrogativo aperto concerne poi le intercettazioni: a chi spetterebbe in procura chiederne la proroga, quando il termine scadesse nel momento di vacatio dell'assegnatario?

O forse questa legge è controproducente?

Questo è il sospetto. Probabilmente non bisogna essere molto, molto esperti nel concreto di questa materia per affrontare con il dovuto spirito critico l'esame delle disposizioni appena introdotte, ma basta munirsi di un briciolo di senso pratico per giungere alla medesima conclusione. Questa legge fa più danni che arrecare benefici e sarà aggirata, come già accaduto con la norma di cui all'art. 362, comma 1-ter, c.p.p. all'indomani della sua introduzione. E stavolta saremo tutti d'accordo.

Facciamo un passo indietro ed entriamo nella stanza dove questa famigerata audizione dovrebbe avvenire. Procura della Repubblica presso il Tribunale di una città di medie dimensioni. Otto Sostituti procuratori, di cui due o tre specificamente indicati nella trattazione di casi Codice rosso (ormai hanno addirittura stampato le copertine dei fascicoli dei Pm con una lastrina rossa in alto a sinistra, per riconoscerli subito nelle pile). Un Aggiunto che li dirige. Personale di cancelleria scarso, i pensionati e i trasferiti non sono stati rimpiazzati. Arriva una denuncia-querela per maltrattamenti ove, magari grazie all'aiuto di un avvocato specializzato, la parte lesa ha esposto con la accuratezza necessaria i fatti, corredando il racconto di date, luoghi e persone informate sui fatti. La pratica viene assegnata ad uno dei due o tre Pm specializzati in soggetti deboli. Dovrà ancora convocare entro tre giorni la denunciante? I casi sono due: primo, no, non dovrà farlo perché resteranno in auge i prestampati che circolano dall'autunno 2019 quando gli Aggiunti si organizzarono e munirono i loro sostituti del modulo che abbiamo ritrovato poi in tutti i fascicoli. Con barrata una delle opzioni offerte, dal pericolo di pregiudizio per l'indagine, all'interesse del soggetto minore sino al più frequente (e condivisibilissimo) quadratino dedicato alla superfluità dell'adempimento stante la completezza della denuncia. O ancora, il rinvio dell'esecuzione dell'audizione ad un momento successivo, quando opportuno per l'indagine.

Risposta alternativa: sì, sarà necessario convocare la querelante (o la vittima E la querelante o denunciate se dovessero essere soggetti diversi). Ma dove? Nella stanza del Sostituto, che nel frattempo deve dirigere indagini, disporre atti investigativi, andare magari anche in udienza, oppure presso la PG delegata, con tutti i suoi compiti notori? E poi, cosa le si domanda? Com'è andata in questi tre giorni? Si sono verificati altri fatti lesivi, o pericolosi, per lei o i figli? E se ha raccontato già tutto? E se è scattato l'arresto in flagranza e lui è stato allontanato? Vale anche per questi casi la regola dell'audizione, visto che la legge non fa alcuna eccezione?

Prime (amare) conclusioni

Si è perduta una ottima occasione per rinfrescare un'ottima norma- come il capitolato legislativo noto ai più come Codice rosso – e vi si è messo mano solo per creare una situazione critica, sgradevole per gli operatori di giustizia e controproducente per le vittime.

Pochissimi magistrati amano occuparsi di questi reati, sia a livello investigativo che nel merito. I più operativi e sensibili scappano dal Dipartimento, affaticati dalla mancanza di risorse e scoraggiati dalla scarsità di risultati. Impera un garantismo che a tratti si mostra come impermeabilità ai dati di cronaca ed ai suggerimenti delle associazioni, degli specialisti e dell'Europa. Si archivia molto, si assolve molto. Le vittime denunciano sempre meno e denunceranno sempre meno, per salvarsi dalla vittimizzazione secondaria e dalla delusione di un 530 cpp in più. E anche l'ultimo capitolo, l'approvazione del ddl Roccella, ci ha lasciato sperare, per ben 18 articoli, che davvero il legislatore avesse finalmente intenzione di rafforzarlo questo Codice Rosso… poi abbiamo letto l'articolo 19, e quella clausola di invarianza finanziaria, per cui allo Stato non deve derivare alcun onere aggiuntivo, ci ha riportato alla realtà. Ancora una volta, tutto il carico starà sulle spalle del volontariato.


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