Fine di spaccio nella detenzione di stupefacenti: non è una causa di non punibilità ma un elemento costitutivo del reato; la prova spetta quindi non all’accusato ma all’accusa
Pubblicato da V. Giglio in Stupefacenti · Lunedì 01 Apr 2024
Fine di spaccio nella detenzione di stupefacenti: non è una causa di non punibilità ma un elemento costitutivo del reato; la prova spetta quindi non all’accusato ma all’accusa di V.Giglio
Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 5079/2024, udienza del 9 novembre 2023, ha ribadito che, riguardo alla fattispecie di detenzione di stupefacenti, il fine di spaccio è un elemento costitutivo la cui esistenza deve essere provata dall’accusa pubblica.
Il ricorrente, giudicato con le forme del rito abbreviato, è stato riconosciuto responsabile in entrambi i gradi di merito del delitto di detenzione illecita a fini di spaccio di 101 grammi di marijuana e 8 grammi di hashish.
Il suo difensore ha posto a base del ricorso l’illogicità della motivazione della sentenza della Corte territoriale unitamente alla violazione di legge che sarebbe derivata dal riconoscimento di un inesistente fine di spaccio.
Decisione della Corte di cassazione
Il collegio decidente ha accolto il ricorso.
Ha ritenuto a tal fine che i giudici d’appello abbiano sottovalutato plurime circostanze che, se correttamente apprezzate, avrebbero determinato un diverso esito, risultando in particolare che il ricorrente fosse un consumatore di sostanze stupefacenti iscritto fin dal 1992 al SERT il quale gli aveva offerto l’opportunità di seguire un programma riabilitativo e che lo stupefacente trovato in suo possesso non era diviso in dosi e nessuna somma di denaro era stata trovata nella sua disponibilità.
Era stata sì accertato che il ricorrente avesse un bilancino di precisione ma tale circostanza, in assenza di altri elementi indiziari, era di per se stessa compatibile con l’uso personale.
Lo stesso poteva dirsi del dato quantitativo che, pur avendo un valore indiziario, era comunque compatibile con l’intento di disporre di una scorta.
Era dunque applicabile il principio, affermato da Sez. 6^, sentenza n. 26738/2020, Rv. 279614-01, per il quale ai fini della configurabilità dell’illecita detenzione di stupefacente, la destinazione all’uso personale della sostanza non è una causa di non punibilità sicché non spetta all’imputato darne prova, spettando piuttosto all’accusa pubblica di provare la destinazione allo spaccio.
Tale prova non è stata raggiunta nel caso in esame.
In conclusione, la sequenza argomentativa dei giudici di merito è viziata dall’erroneo impiego di massime di esperienza da che consegue l’assenza di prova su un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice contestata al ricorrente.
La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio, non intravedendosi motivi che possano supplire al deficit probatorio rilevato.