Beni ambientali.Impianti da fonti rinnovabili e tutela del paesaggio

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Beni ambientali.Impianti da fonti rinnovabili e tutela del paesaggio

Studio Volpicelli
Pubblicato da Lexambiente in Beni Ambientali · Martedì 30 Gen 2024
Beni ambientali.Impianti da fonti rinnovabili e tutela del paesaggio

TAR Molise Sez. I n. 346 del 20 dicembre 2023


La costruzione e l'esercizio di impianti da fonti rinnovabili devono rispettare le normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, a tenore dell'art. 12 comma terzo del D.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387. Tuttavia, la tutela del paesaggio costituisce, pur sempre, un valore di speciale ed elevato rango costituzionale, la qual cosa giustifica il complesso e articolato sistema di protezione che le normative di settore offrono per le emergenze paesaggistiche e archeologiche. La disciplina costituzionale del paesaggio erige il valore estetico-culturale a principio primario dell'ordinamento, mentre - per converso - la limitazione della libertà di iniziativa economica per ragioni di utilità sociale appare giustificata non solo nell'ottica costituzionale, ma anche in quella dei princìpi di cui all'art. 6 della C.e.d.u. (Convenzione europea dei diritti) e dell'art. 1 del relativo Protocollo addizionale, poiché, anche in essi, la garanzia dell'autonomia privata non è incompatibile con la prefissione di limiti a tutela dell'interesse generale

Pubblicato il 20/12/2023

N. 00346/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00157/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 157 del 2020, proposto dalla società Voltwind Energy s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ermanno Bocchini e Francesco Bocchini, con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni De Notariis in Campobasso, via De Attellis n. 5;

contro

la Regione Molise, non costituita in giudizio;
il Comune di San Martino in Pensilis, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Ruta, con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia;
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Regionale per i beni e le attività culturali per il Molise - in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via Insorti D'Ungheria, n.74;

per l'annullamento

- della determinazione dirigenziale emessa dalla Giunta Regionale della Regione Molise n. 1121 del 4 marzo 2020, recante il rigetto dell'istanza di autorizzazione unica ex art. 12, comma 3 del d.lgs n. 387/2003 proposta dalla società Voltwind Energy s.r.l., avente ad oggetto la costruzione e l'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica in forma eolica da realizzare nel territorio del Comune di San Martino in Pensilis (CB), in località “Macchianera-Casalpiano”;

- di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguente, tra i quali il giudizio negativo di compatibilità ambientale emesso con la Deliberazione della Giunta Regionale n. 266 del 20 giugno 2014, nonché il parere del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise n. 2766 del 26 giugno 2012.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Martino in Pensilis e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2023 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

A) La vicenda oggetto dell’odierno giudizio muove dall’istanza del 19/4/2010 con la quale la società Aster s.r.l. (cui sarebbe succeduta per cessione d’azienda la ricorrente Voltwind Energy s.r.l.) aveva chiesto alla Regione Molise l’autorizzazione unica (prot.n. 6301/2010), ai sensi dell’art. 12, comma 3, D.lgs. n. 387/2003, e con connessa istanza di valutazione di impatto ambientale, finalizzata alla realizzazione e all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica in forma eolica nel territorio del Comune di San Martino in Pensilis (CB) - località Macchianera - Casalpiano.

Il progetto prevedeva un impianto composto da 34 aereogeneratori, ciascuno della potenza nominale di 3 MW, per un totale complessivo di impianto di 102 MW.

Instaurato il procedimento, con le modalità previste dagli artt. 5-8 della L. Regionale n. 21/2000 (sui quali si avrà modo in seguito di soffermarsi) venivano resi i pareri di diversa competenza, e in particolare: il parere negativo espresso dal Ministero per i beni e le attività culturali (in seguito anche MIBAC) n. 2766 del 26 giugno 2012; il parere favorevole del comitato tecnico V.I.A. reso in data 28 gennaio 2013.

L’avviso negativo del MIBAC sulla base di una più ampia e circostanziata motivazione veniva sintetizzato nei seguenti termini: “si esprime il parere che l'impianto progettato e sottoposto alla Valutazione di Impatto Ambientale in corso abbia impatti significativi e radicalmente negativi sul patrimonio culturale, inteso sia nella sua componente storico archeologica che paesaggistica”.

Il secondo avviso, invece, di tenore favorevole, mostrava contenuto “positivo con prescrizioni, contenute nel Rapporto Ambientale allegalo e che qui si sintetizzano con l'eliminazione di venti pali (nn.4;5;6;7; 9;10;15;16;17;18;21;22;23;26;27;28;30;31 32;34) e con l'imposizione di precauzioni nella definizione delle opere collaterali, in relazione alla valutazione degli impatti diretti e Indiretti del progetto sui fattori ambientali di propria competenza. La campagna di monitoraggio sulle specie faunistiche presenti sull'area dovrà essere protratta sino all'esito dell'autorizzazione unica per la realizzazione dell’impianto e l'inizio dei lavori sarà subordinalo alla valutazione del monitoraggio”.

All’esito dei richiamati pareri la Giunta Regionale del Molise con deliberazione n. 266 del 20 giugno 2014, emessa ai sensi dell'art. 8, comma 2, della legge regionale 24 marzo 2001, n. 21, e dell’art. 27 del D.lgs n. 152/2006, concludeva il sub-procedimento di valutazione d’impatto ambientale con un parere negativo, “riconoscendo, dunque, nel caso di specie, la superiorità delle esigenze di conservazione dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico rispetto a quelle che comportano una trasformazione del territorio per finalità di iniziativa economica privata nel rispetto, dunque, di quanto previsto dall'art. 12 comma 3, primo periodo del d.lgs. 387/2003”.

Tale atto non veniva gravato a suo tempo dal privato.

B) Coevamente, in data 17 giugno 2014 (nota. prot. n. 49218/14) veniva convocata la conferenza dei servizi, prevista nell’ambito del procedimento di autorizzazione di cui all'art. 12 del D.lgs. n. 387/2003 e strutturata con le modalità di cui agli artt. 14 ter e 14 quater della L. n. 241/90.

Nel corso della conferenza, oltre ai richiamati pareri già indicati veniva emesso l’ulteriore parere negativo espresso, stavolta, da parte del Comune di San Martino in Pensilis.

Agli atti pervenivano altresì, seppure in assenza di una loro diretta partecipazione, gli avvisi della Direzione Regionale del MIBAC presso la Regione Puglia (cfr. doc. 11 prodotto dal Ministero in data 17/7/2020), interessata per la presenza nell’area di realizzazione dell’impianto di alcuni Comuni confinanti, e dell’Autorità di Bacino dei fiumi Trigno, Biferno Saccione e Minori(cfr. il parere Comitato tecnico V.I.A. che ne fa cenno).

Le altre autorità invitate, invece, non si esprimevano.

A quel punto il dirigente del IV Settore - Governo del Territorio della Regione Molise, con nota prot. n. 89248 dell’8/10/2014, pur prendendo anche atto di alcuni pareri non resi, e integranti quindi fattispecie di silenzio assenso ai sensi dell’art. 14 ter della Legge n. 241/1990 (nella formulazione allora vigente), trasmetteva alla società interessata, ai sensi dell’art. 10 bis L. n. 241/1990, il preavviso di rigetto dell’istanza da essa proposta, cui però non seguiva nei termini previsti alcun riscontro.

B.1) Dopo un ampio lasso di tempo, infine, l’Amministrazione regionale, nel prendere atto degli esiti della conferenza di servizi, si è determinata nel senso del definitivo rigetto dell’istanza con la determinazione Dirigenziale n. 1120 del 4/3/2020.

Il provvedimento reiettivo era fondato, in particolare, sulla seguente motivazione : “CONSIDERATO altresì che: La tutela paesaggistico-territoriale, la tutela del patrimonio storico-artistico e la tutela ambientale hanno un "peso specifico" superiore alle altre per l'importanza degli interessi tutelati; Il pregiudizio già soltanto di uno di detti valori costituzionali è preclusivo al rilascio dell'autorizzazione; Le posizioni di dissenso espresse in relazione a ciascuno di detti interessi qualificati costituiscono "posizione prevalente" ai sensi dell'art.14 ter, comma 6 bis; TENUTO conto che la prevalenza dei pareri assunti nella sede della conferenza di servizi hanno carattere ostativo alla realizzazione dell'impianto di che trattasi e che la posizione delle Amministrazioni non pervenute non è tale da sovvertire le posizioni prevalenti”.

C) Avverso tale definizione negativa del procedimento autorizzativo la società Voltwind s.r.l. è così insorta in giudizio proponendo l’odierno gravame, affidato ai seguenti sei motivi di ricorso : “1) Violazione di legge dell’art. 12 del d.lgs. 29/12/2003 n. 387; dell’art. 146 del d.lgs. 22/01/2004 n. 42; degli artt. 3 e 14 quater della l. n. 241/1990 - Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, difetto di motivazione e difetto di istruttoria- eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza contraddittorietà e ingiustizia manifesta - Violazione e falsa applicazione del principio di collaborazione e del principio di lealtà procedimentale - Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. - Violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, trasparenza, buon andamento e non aggravamento dell’azione amministrativa”; “2) Violazione di legge dell’art. 12 del d.lgs. 29/12/2003 n. 387; dell’art. 146 del d.lgs. 22/01/2004 n. 42; degli artt. 3 e 14 quater della legge n. 241/1990 - Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, difetto di motivazione e difetto di istruttoria - Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza contraddittorietà e ingiustizia manifesta - violazione e falsa applicazione del principio di collaborazione e del principio di lealtà procedimentale - Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. - Violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, trasparenza, buon andamento e non aggravamento dell’azione amministrativa”; “3) Violazione di legge degli artt. 3 e 14 quater della legge n. 241/1990- Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica - Carenza dei presupposti e travisamento dei fatti, contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria - Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e ingiustizia manifesta - Violazione e falsa applicazione del principio del dissenso motivato”; “4) Violazione di legge dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 29/12/2003, degli artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152 del 3/04/2006, dell’art. 3 della l. n. 241/1990, dell’ art. 146 del d.lgs n. 42 del 22/01/2004 - Violazione della direttiva 2001/77 CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27/09/2001 e della Direttiva 2009/28/ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 23/04/2009 - Eccesso di potere per carenza dei presupposti e carenza di istruttoria”; “5) Violazione di legge dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 29/12/2003; dell’art. 3 quater del d.lgs. n. 152 del 3/04/2006, dell’art 8 della legge regionale n. 21/2000 e s.m., dell’art. 3 della legge n. 241/1990 - Eccesso di potere per travisamento dei presupposti”; “6) Violazione di legge dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 29/12/2003; degli artt. 17 bis e 14 ter, comma 7, della legge n. 241/1990 - Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica - Carenza dei presupposti e travisamento dei fatti, contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria - Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e ingiustizia manifesta - Violazione e falsa applicazione del principio del silenzio assenso”.

C.1) Si è costituito in giudizio in resistenza all’impugnativa il Ministero dei beni e delle Attività Culturali, sollevando eccezioni di inammissibilità e infondatezza del ricorso; parimenti, si è costituito in giudizio il Comune di San Martino in Pensilis, svolgendo alcune considerazioni sovrapponibili a quelle del Ministero, e altre fondate su profili di specifico pregiudizio per l’Ente ricollegabili alla realizzazione del parco eolico.

C.2) Il ricorso, contenente anche un’istanza di sospensione cautelare dei provvedimenti gravati, è stato chiamato all’uopo per la camera di consiglio del 22/7/2020, al cui esito è stata emessa l’ordinanza di rigetto n. 141/2020 così motivata : “Rilevato, quanto al periculum, che il pregiudizio lamentato – il danno economico derivante dalla mancata autorizzazione alla realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica in forma eolica - ha natura meramente patrimoniale e che tale pregiudizio risulta allegato in maniera generica; Ritenuto, quanto al fumus, che la controversia presenti aspetti di complessità che necessitano l’approfondimento in sede di merito, anche con riferimento alle eccezioni di rito; Ritenuto, per quanto precede, che difettino i requisiti per la concessione della misura cautelare, impregiudicate le questioni di rito”.

C.3) Poiché il MIBAC aveva sollevato l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per la sua mancata notifica alla Regione Molise presso l’Avvocatura dello Stato, all’esito dell’udienza pubblica del 19/4/2023 il Tribunale ha emesso l’ordinanza collegiale n. 128/2023 con la quale, nel rinviare la discussione all’udienza dell’8 novembre 2023, ha ordinato alla società ricorrente “ ... la rinnovazione della notifica nei confronti della Regione Molise del ricorso introduttivo, nonché la notificazione della presente ordinanza alla stessa Amministrazione regionale, il tutto da eseguire nel termine perentorio di quindici giorni decorrente dalla comunicazione di questo provvedimento”.

Nonostante la rinnovata notifica, la Regione non si è comunque costituita in giudizio.

In vista della nuova udienza di discussione di merito della causa le parti hanno indi depositato ulteriori memorie, supportate da corrispondenti repliche, insistendo nelle loro rispettive conclusioni.

Tali conclusioni sono state infine ribadite anche nel corso dell’udienza pubblica dell’8 novembre 2023, a seguito della quale la causa è stata trattenuta in decisione.

D) Il ricorso si presenta in parte irricevibile ed in parte infondato, in ragione delle considerazioni che seguono.

E) Lo scrutinio del Collegio non può che muovere dall’esame delle eccezioni in rito formulate dalla difesa dell’Amministrazione.

E.1) L’eccezione d’inammissibilità del ricorso riguardante la sua scorretta notifica alla Regione Molise è stata superata con la già citata ordinanza collegiale n.128/2023, con la quale, come già accennato, la ricorrente è stata gravata dell’onere di rinnovare correttamente l’anzidetta notifica e vi ha adempiuto.

E.2) Più ampio spazio merita l’eccezione di irricevibilità del ricorso che la difesa dell’Amministrazione ha diffusamente sollevato opponendo la mancata tempestiva impugnazione dei seguenti atti: a) il parere emesso dal M.I.B.A.C. in data 26/6/2012; b) la delibera della Giunta Regionale del Molise n. 266/2014 del 20/6/2014, contenente l’esito negativo del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale.

La composita eccezione della difesa erariale risulta solo parzialmente fondata.

E.2.1) Essa, infatti, non coglie nel segno con riguardo al citato parere MIBAC. Simili pareri, nella generale considerazione della giurisprudenza, assumono infatti rilievo come atti endo-procedimentali, privi di un’immediata efficacia lesiva. In virtù di ciò, quale regola generale, essi non fanno sorgere un onere di immediata impugnativa a pena di decadenza, producendosi la lesione della sfera giuridica dell'interessato solamente dall'atto conclusivo del procedimento amministrativo. Sull’argomento la giurisprudenza ha espresso consolidati avvisi, da ultimo riproposti in una sentenza delle SS.UU - resa in materia di competenza del Tribunale delle acque ma con considerazioni di carattere generale - nella quale è stato decisivamente osservato : “Il dissenso motivato espresso dal MIBAC (Ministero dei beni culturali ed ambientali), ai sensi dell'art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, in seno alla conferenza di servizi di cui all'art. 12, comma 3, d.lgs. n. 387 del 2003, per il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione di impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili, svolge una mera funzione di rappresentazione degli interessi affidati alla sua tutela e non preclude, dunque, la prosecuzione del procedimento verso la decisione conclusiva, ai sensi dell'art. 25 del citato d.lgs. n. 42 del 2004” (Cass. Civ. SS.UU. n. 10054/2023).

E.2.2) Considerazioni diverse vanno invece svolte in ordine all’esito del procedimento di V.I.A. di cui alla già citata determinazione di Giunta regionale n. 266/2014, che ha espresso un giudizio di non compatibilità dell’intervento nell’ambito del sub-procedimento connesso al rilascio della relativa V.I.A..

In via generale, secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, l’interesse alla impugnazione immediata del diniego di V.I.A. va tradotto in termini di onere per il privato. Segnatamente, nella materia è stato difatti affermato quanto segue: “la valutazione di impatto ambientale rappresenta un atto autonomamente impugnabile, sia nell'ipotesi in cui essa si concluda con esito negativo, sia che la medesima abbia un epilogo positivo; nel primo caso, invero, la natura immediatamente lesiva è più agevolmente percepibile, determinandosi un palese arresto procedimentale, sicché non potrebbe non riconoscersi al soggetto interessato alla positiva conclusione del procedimento un interesse autonomo e immediato all'impugnazione del giudizio negativo” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 7978/2022).

Tale esegesi, in ragione del medesimo e più volte ribadito avviso, trova fondamento, “nella disposizione recata dall'art. 29, comma 1, del c.d. codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006), secondo cui i provvedimenti di autorizzazione di un progetto adottati senza la verifica di assoggettabilità a VIA o senza la VIA, ove prescritte, sono annullabili per violazione di legge” (sul punto vi sono ulteriori riferimenti in Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4327/2017).

Il medesimo orientamento, da cui non vi sono ragioni per discostarsi, è stato espresso dal Consiglio di Stato proprio con specifico riferimento alla disciplina di cui all’art. 12 del d.lgs 387/2003 qui in rilievo. In particolare, dalla disamina della giurisprudenza emerge il principio secondo il quale: “Va pertanto ribadito che la pronuncia di compatibilità ambientale attiene a un sub-procedimento che si inserisce all'interno del più ampio e articolato procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica di cui all'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003. Tale pronuncia di compatibilità ambientale costituisce quindi il provvedimento conclusivo del relativo sub-procedimento, ha rilevanza esterna e, come tale, è impugnabile in via autonoma” (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 322/2021; Sez. IV, n. 5984/2019 e n. 1213/2019; Sez. VI, 5092/2014).

Di conseguenza, con analisi pienamente estensibile, mutatis mutandis, anche all’odierna vicenda, assumendo le conclusioni attinte dalle sentenze da ultimo richiamate può ribadirsi che “chi ne abbia astrattamente legittimazione ed interesse potrà impugnare il provvedimento che esprime la valutazione ambientale per stigmatizzarne eventuali profili di illegittimità”; e in mancanza di tale impugnazione, infine, “Il difetto dei presupposti, d'istruttoria, di giudizio o di motivazione relativamente agli “effetti significativi” dell'opera su questi interessi, asseritamente scaturente dalla sua localizzazione o dalla mancata o errata ponderazione di alternative progettuali, non potrà essere invece fatto valere mediante l'impugnazione di quei provvedimenti ... che concludono i successivi procedimenti che concorrono a definire l'intera vicenda amministrativa” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 7978/2022 già cit.).

Applicando, quindi, questa impostazione al caso concreto, deve riconoscersi che coglie nel segno l’eccezione erariale nell’ascrivere a chi vi aveva interesse, e pertanto alla odierna ricorrente, un onere d’immediata impugnazione del provvedimento del 2014 conclusivo del subprocedimento di V.I.A.

E.2.3) L’eccezione non è però condivisibile rispetto all’assolutezza delle conseguenze di natura processuale che l’Amministrazione vorrebbe farne discendere.

La irricevibilità per tardività delle censure dedotte solo nel 2020 a carico della V.I.A., che pur consegue alle osservazioni fin qui svolte, non determina, infatti, anche l’inammissibilità degli ulteriori motivi di ricorso, e in particolare dei motivi 1, 2 e 5, che l’Amministrazione pur prende di mira nella propria eccezione.

Più propriamente, come peraltro rilevato in via subordinata dalla stessa resistente, dall’avvenuto consolidamento degli ormai definitivi esiti della V.I.A. discende esclusivamente una limitazione dello spettro di ampiezza delle censure valutabili dal Collegio con riguardo al rigetto dell'istanza di autorizzazione unica: tanto, proprio in ragione delle considerazioni svolte dal Consiglio di Stato, e appena richiamate, che escludono il rilievo dei profili di eventuale illegittimità del provvedimento conclusivo del sub procedimento di V.I.A. dallo scrutinio “di quei provvedimenti ... che concludono i successivi procedimenti che concorrono a definire l'intera vicenda amministrativa”.

Ciò posto, lo scrutinio di merito del ricorso dovrà quindi essere condotto dal Collegio nella debita consapevolezza degli effetti discendenti dal parziale accoglimento dell’eccezione da ultimo trattata.

F) Tale scrutinio può partire con la disamina di un primo gruppo di censure, dipanate nei motivi 1 e 2 (e riprese in parte nel motivo 4), le quali possono essere trattate in stretta sequenza.

Seguendo il percorso argomentativo della ricorrente, nel primo motivo viene censurata la determinazione conclusiva del procedimento, sfociato nella determinazione dirigenziale n. 1121/2020 per il fatto che lo stesso non avrebbe valorizzato adeguatamente le conclusioni del Comitato tecnico V.I.A. depositate in data 28 gennaio 2013. Quest’ultimo, come accennatosi nel paragr. A), nell’ambito dell’istruttoria svolta all’interno del correlativo subprocedimento aveva difatti espresso “parere favorevole al giudizio positivo di compatibilità ambientale sull'intervento rimodulato, proposto dalla società Aster s.r.l. riguardo il Progetto per la realizzazione e l'esercizio di un impianto eolico nel Comune di San Martino in Pensilis in località "Macchianera-Casalpiano" e relativa linea di collegamento nel Comune di San Martini, Ururi e Larino”.

Questo rilievo è privo di pregio.

L’Amministrazione ha posto a fondamento del provvedimento impugnato l’ormai indiscutibile giudizio negativo di compatibilità ambientale già espresso nella DGR n. 266/2014.

D’altra parte, non è condivisibile il cruciale rilievo che la ricorrente ritiene di poter assegnare al parere del comitato tecnico V.I.A. del 28 gennaio 2013, che, alla stregua degli artt. 5, 6 e 8 della L. Regionale n. 21/2000 (e succ. mod. ed integr.), era inglobato, quale mero contributo istruttorio, nel più ampio sub-procedimento di V.I.A..

Come sottolineato dal costante avviso della giurisprudenza, infatti, “il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse dell'esecuzione dell'opera; apprezzamento che è sindacabile dal Giudice Amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'Amministrazione, anche perché la valutazione di impatto ambientale non è un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico — amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico - sociale) e privati” (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 575/2017; Sez. V, n. 3059/2016).

E lo stesso orientamento è stato espresso anche in sede consultiva, dove si è sottolineato che “L’esito della v.i.a. è frutto di un giudizio di ponderazione tra il complessivo sacrificio imposto all'ambiente e l'utilità socio-economica perseguita. In tale analisi l'Amministrazione esercita una vera e propria funzione di indirizzo politico-amministrativo riguardante il corretto uso del territorio in senso ampio attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei contrapposti interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale) e privati. Come evidente, tale esercizio, ancorché basato su oggettivi criteri di misurazione, è attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità, con la conseguenza che le conclusioni dell'Amministrazione possano essere sindacate soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti ovvero nel caso di mancata o inadeguata istruttoria” (Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. Consultiva, 9/08/2021, n. 271).

Tanto premesso, è essenziale in questa sede osservare che all’esito del procedimento di V.I.A. il parere del comitato tecnico del 28 gennaio 2013 era stato disatteso con provvedimento discrezionale rimasto a tempo debito inoppugnato. Da qui la recessività degli insistiti richiami di parte ricorrente a tale ormai superato parere.

Ma non è inutile ricordare come lo stesso parere non contenesse affatto un giudizio integralmente positivo, posto che esso ai fini di una favorevole disamina aveva prescritto l'eliminazione di ben venti pali dell’impianto, oltre che “l’imposizione di precauzioni nella definizione delle opere collaterali, in relazione alla valutazione degli impatti diretti e Indiretti del progetto sui fattori ambientali di propria competenza”

Da quanto esposto si desume quindi l’inconsistenza delle censure attoree di cui al primo motivo, tese ad affermare l’illegittimità delle determinazioni impugnate solo in virtù del loro asserito contrasto con il parere più volte citato.

G) Con il secondo motivo, allegando una nutrita giurisprudenza, parte ricorrente ribadisce sostanzialmente le proprie critiche alla motivazione del provvedimento conclusivo del procedimento autorizzativo prendendo di mira, in questo caso, il parere MIBAC del 26 giugno 2012 e la delibera DGR n. 266/2014 conclusiva del procedimento di V.I.A. (atto però, come già detto, non più utilmente impugnabile), tutti rifluiti nel provvedimento finale di cui alla determinazione n. 1121 del 4 marzo 2020.

In tesi attorea la motivazione dell’Amministrazione sarebbe stata preconcetta e pregiudizialmente contraria alla realizzazione dell’impianto, negata “sulla base della prevalenza dei pareri assunti nella conferenza dei servizi che si riconducono, nella sostanza, al parere del MIBAC e al raggiungimento della copertura di fonte rinnovabile pari al 34,7%”.

Può però subito notarsi che detta motivazione regionale ha avuto appunto riguardo:

- all’esito sfavorevole del precedente subprocedimento di V.I.A., che, anche a voler per un attimo prescindere dalla sua già riscontrata intangibilità, non è stato comunque contestato ex professo dalla ricorrente, ma, in modo solo generico e apodittico, per la sua mera contrarietà al citato parere del comitato tecnico;

- al parere MIBAC n. 2766 del 26 giugno 2012, nella parte in cui con puntuale motivazione lo stesso aveva ritenuto non approvabile il progetto dell’interessata in quanto esso avrebbe avuto un impatto negativo sul patrimonio culturale, e, inoltre, “esulando da qualsiasi valutazione di natura prettamente paesaggistica, ovvero sulla ricostruzione dell’effettiva “forma del territorio”, aveva ignorato e sminuito “tutte le effettive, specifiche e pregevoli peculiarità del contesto territoriale interessato sopra evidenziate, in contrato palese e stridente peraltro con i provvedimenti di tutela sopra richiamati”.

G.1) Anche in questo motivo, parzialmente sovrapponibile al primo, la ricorrente si diffonde sull’asserita assenza di bilanciamento tra i vari interessi implicati nel provvedimento finale, dedotta anche alla luce dell’indubbio favor legislativo, di matrice sia interna che eurounitaria, alla base del progetto.

Il Collegio tuttavia non condivide l’affermazione attorea per cui vi sarebbe stata una sproporzionata valutazione del fattore paesaggistico, per avere l’Amministrazione dapprima allargato il proprio campo di analisi agli anzidetti aspetti storico e archeologico, per poi non averli correttamente bilanciati con quelli valorizzati dal comitato tecnico V.I.A..

Al riguardo, in linea generale è indubbio che ogni trasformazione del territorio implichi, a cura dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, un giudizio di compatibilità del nuovo assetto che si vorrebbe di volta in volta realizzare rispetto ai valori che il vincolo intende proteggere, giudizio teso a verificare se ed in quale misura le ulteriori opere vadano ad incidere sul contesto paesistico-ambientale.

Nello specifico campo d’interesse della vicenda, se è innegabile che l’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia valutato con favore dal legislatore comunitario e da quello nazionale, risulta però altrettanto evidente che le direttive europee di settore e la normativa interna facciano salvo l’esercizio di poteri pubblicistici ad alto tasso di discrezionalità, da parte dello Stato e delle autonomie locali, “specialmente in vista del contemperamento tra progettazione di nuove infrastrutture ed esigenze di tutela dell'ambiente, del paesaggio e dell'ordinato assetto del territorio. Nell'esercizio della funzione di tutela, l'obiettivo primario perseguito dagli Enti locali consiste nel preservare l'ambito territoriale vincolato nel quale si collochi l'opera, in considerazione delle effettive e reali condizioni dell'area d'intervento” (TAR Puglia - Bari, Sez. II, n. 814/2023).

In questo composito quadro, contrariamente a quanto ripetutamente affermato dalla ricorrente, il parere MIBAC non doveva necessariamente veicolare una valutazione operata nel solco del bilanciamento d’interessi. Invero, come più volte sottolineato anche dal Consiglio di Stato, “alla tutela del paesaggio (che il MIBAC esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell'ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione”, con la conseguenza che “il parere del MIBAC in ordine alla compatibilità paesaggistica non può che essere un atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica” (T.AR. Puglia, sede di Bari Sez II, n. 1070/2023).

Ciò non vuol dire, beninteso, che la Soprintendenza possa limitarsi a una valutazione scevra da una congrua analisi del caso concreto (Consiglio di Stato Sez. IV n. 5001/2015); tuttavia, la caratura tecnico- discrezionale dei pareri espressi in materia dal MIBAC va ricondotta direttamente all’art. 9 Cost., che, “tutelando al massimo livello possibile il paesaggio, così come il patrimonio artistico e storico della Nazione, richiede alle Amministrazioni preposte l'espressione di valutazioni anzitutto tecnico-professionali e, solo in secondo luogo, eventualmente comparative e ponderative d'interessi (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4466/2018).

G.2) Le considerazioni appena esposte consentono di disattendere anche la ulteriore censura rivolta al parere del MIBAC, con la quale la ricorrente ne contesta, in particolare, la congruenza logica e i concreti presupposti. Sul punto va ricordato che tali valutazioni, per costante giurisprudenza, sono sindacabili in sede di giudizio esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, nonché dell’adeguatezza della motivazione. Di conseguenza, “in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell'amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile" (cfr., ex pluris, Cons. Stato, cit. Sez. VI, n. 4466/2018).

Nella specifica materia in esame, il sindacato giurisdizionale delle scelte tecnico-discrezionali dell’Amministrazione è, dunque, ristretto alle ipotesi in cui le stesse risultino manifestamente irrazionali, irragionevoli o palesemente contraddittorie.

Ebbene, nel caso di specie la ricorrente non ha motivato le proprie critiche all’avviso espresso dal MIBAC in termini di manifesta illogicità o irragionevolezza, se non in via del tutto generica e con il richiamo unico e costante alla sua contrarietà al giudizio espresso dal comitato tecnico V.I.A. (giudizio, peraltro, successivo al parere).

La ricorrente, in realtà, si è praticamente limitata a fornire una diversa interpretazione, di per sé del tutto opinabile, sui punti che erano stati presi in considerazione dalla Soprintendenza.

Cosicché, venendo qui in rilievo esclusivamente delle scelte rientranti nella discrezionalità tecnica della P.A., e non manifestamente irrazionali né irragionevoli, le stesse risultano resistere alle doglianze attoree e devono ritenersi legittime.

G.3) Le medesime critiche con cui la ricorrente ha avversato il parere del MIBAC sono state poi riversate sul provvedimento finale della Regione espresso con la determinazione dirigenziale n. 1121 del 4 marzo 2020 (dette doglianze sono state dedotte sia nel motivo II, sia, con maggior approfondimento, nel motivo IV, dove sono state poi dirette avverso gli esiti della conferenza dei servizi).

La ricorrente - oltre alle specifiche censure appena analizzate rispetto al parere del MIBAC - ha quindi sostenuto che la Regione si sarebbe concentrata esclusivamente sugli aspetti ambientali e paesaggistici, appiattendosi sulla posizione del Ministero e obliterando in toto il già menzionato favor della normativa nazionale ed europea per le energie rinnovabili.

La doglianza è integrata dall’affermazione che l’Amministrazione avrebbe attribuito “alla posizione ministeriale una forza vincolante che non trova riscontro nella disciplina del procedimento de qua”. E tale sbilanciamento, nell’attribuire ai contributi espressi in conferenza, e segnatamente a quello del MIBAC, “un valore vincolante che l’ordinamento non gli riconosce”, sarebbe rifluito negativamente anche sulla motivazione del provvedimento (censura contenuta nel motivo II).

Il Collegio osserva però in proposito che, al contrario, le determinazioni finali della Regione da cui è scaturito il rigetto della proposta progettuale della ricorrente sono linearmente derivate dalla considerazione dei già richiamati avvisi espressi, oltre che dal Mibac, nella determinazione regionale conclusiva del procedimento di V.I.A, nel parere negativo del Comune di San Martino in Pensiliis, nelle perplessità espresse dalla Soprintendenza della Regione Puglia e nelle considerazioni svolte dall’Autorità di Bacino dei fiumi Trigno, Biferno Saccione e Minori. Atti sostanzialmente tutti convergenti, che sono stati poi compendiati in una motivazione ampia e non censurabile sotto il profilo della ragionevolezza e della complessiva logicità.

Sul punto non è neppure apprezzabile la soggettiva considerazione della ricorrente secondo cui l’Amministrazione avrebbe confuso, nella propria motivazione, il paesaggio con la cultura, laddove invece alcun rilevo quest’ultima avrebbe potuto avere sulla decisione regionale.

Infatti, come più volte sottolineato in giurisprudenza, la discrezionalità che l’Amministrazione esprime in questa materia non è limitata alle aree formalmente sottoposte a vincoli, bensì riguarda, in generale, il valore-paesaggio, in quanto implica una complessiva e approfondita analisi di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, per valutare in concreto il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. V, 8/10/2018, n. 5819).

Ora, nel caso in esame, come già osservato, il rischio di una compromissione dei valori lato sensu ambientali è emerso, come rilevato nel provvedimento finale: - dal parere negativo di compatibilità paesaggistica ai sensi dell'art. 146 del D.lgs. n,.42/2004; - dalle osservazioni svolte dall’Autorità di bacino, richiamate nello stesso parere del Comitato tecnico V.I.A.; - dall’esito negativo del procedimento di V.I.A. espresso dall’intangibile determinazione n. 266 del 20 giugno 2014; dall’avviso negativo, seppur non definitivo, espresso dalla Soprintendenza della Regione Puglia; dal parere negativo espresso dal Comune di San Martino in Pensiliis; dall’appartenenza dell’area in cui doveva sorgere l’impianto, al Piano Territoriale Paesistico-Ambientale di Area Vasta, e segnatamente a un’area individuata, ai sensi dell’art. 8 della L.R. 24/1989, come di “notevole interesse pubblico”. Dette aree, come sottolineato nella determinazione conclusiva impugnata n. 1141/2020, “ai sensi della L.R. 23/2010” (che ha introdotto il comma 1 bis all’art. 2 della L.R. 22/2009) costituiscono “siti non idonei alla installazione di impianti eolici gli immobili e le aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art. 136 del D.Lgs. n. 42/2004 e ss.mm.ii.” .

Il richiamo a questi plurimi elementi fondativi della decisione consente quindi di ritenere che la Regione abbia correttamente apprezzato il contenuto dei pareri negativi confluiti nell’ambito della conferenza, e sostanzia un corredo motivazionale fondato su convergenti e plausibili elementi, che non risultano in alcun modo intaccati dalle considerazioni della ricorrente (che ha solo genericamente ventilato un “appiattimento” dell’Autorità rispetto agli esiti del parere espresso dal MIBAC).

H) Un secondo gruppo di censure, contenute nei motivi 3, 4 e 5, ha invece coinvolto gli esiti della conferenza dei servizi, oltre che nuovamente le conclusioni del provvedimento finale, contro i quali, tuttavia sono state mosse per la gran parte le medesime critiche già svolte nei primi due mezzi.

H.1) Nell’ambito del terzo e del quarto motivo, parzialmente sovrapponibili, la ricorrente ha preso di mira le modalità di svolgimento della conferenza dei servizi adducendo una violazione degli artt. 14 ter e 14 quater della L. n. 241/1990, nella formulazione allora vigente.

In particolare, essa ha lamentato innanzitutto l’assenza del così detto dissenso costruttivo, nella formulazione allora vigente del citato art. 14 quater, ascrivendo tale vizio alla Conferenza dei servizi, alla DGR n. 366/2014 e al parere MIBAC.

Nel solco delle proprie precedenti argomentazioni, la Società ha censurato il fatto che il dissenso sarebbe stato espresso in maniera innanzitutto non esaustiva e, comunque, non costruttiva. Secondo la sua prospettiva, l’Amministrazione si sarebbe illegittimamente limitata ad affermare, con motivazione del tutto insufficiente, la non possibilità di un dissenso costruttivo, in quanto il progetto era stato valutato “assolutamente incompatibile con il paesaggio”. Tanto, secondo la ricostruzione attorea, in violazione della previsione dell’art. 14 quater, nella formulazione vigente ratione temporis secondo la quale: “il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse, che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso”.

Questa illegittimità sarebbe stata tanto più rilevante, infine, in quanto in sede di conferenza dei servizi erano stati espressi, seppure per silentium, diversi pareri positivi, che non sarebbero stati correttamente bilanciati con i contrastanti pareri negativi già indicati: ma dello specifico punto, e del connesso richiamo all’art. 14 ter, si tratterà al successivo praragr. H.2).

Nemmeno la critica imperniata sul dissenso costruttivo può trovare adesione.

In primo luogo non è condivisibile l’affermazione secondo cui il dissenso dovrebbe sempre e indefettibilmente avere, avuto riguardo allo specifico disegno legislativo, un necessario contenuto costruttivo.

Come significativamente rilevato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, “non è vietato esprimere un dissenso assoluto: la commendevole prassi di imporre prescrizioni, o comunque di pervenire ad una anticipazione dei correttivi che potrebbero far giungere al superamento del dissenso (modus operandi, questo, senz’altro corretto e lodevole) ovviamente non può costituire una evenienza invariabile: essa non si giustifica, laddove l’amministrazione prospetti l’assoluta impossibilità di eseguire l’opera in quell’area (in questi casi, ovviamente, il vaglio, che dovrà essere particolarmente accurato e stringente si incentrerà sulla motivazione dell’assolutezza del diniego” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6923/2018; e non è senza rilievo il punto che tale citata decisione sia stata emessa in riforma della sentenza n. 15/2018 di questo Tribunale, le cui conclusioni più volte sono state invece richiamate dalla ricorrente a supporto delle proprie censure).

Vale poi notare che l’Amministrazione, a fondamento della mancata manifestazione di un dissenso espresso in forma costruttiva, ha sottolineato, con una motivazione pienamente in linea con i richiamati principi maturati nell’esegesi del Consiglio di Stato, che “i pareri assunti nella sede della conferenza di servizi hanno carattere ostativo alla realizzazione dell'impianto di che trattasi e che la posizione delle Amministrazioni non pervenute non è tale da sovvertire le posizioni prevalenti”.

Ed invero, il dissenso costruttivo avrebbe avuto un senso logico se ci fosse stato un qualche spazio per un accoglimento dell’istanza con prescrizioni, ma non invece nell’ipotesi odierna, nella quale vi era stato un esito radicalmente negativo del procedimento di valutazione composto in sede di Conferenza dei servizi.

A nulla vale quindi anche l’osservazione attorea che tale tipologia di motivazione sarebbe stata incompatibile con la presenza del parere favorevole espresso, invece, dal predetto Comitato tecnico in punto di V.I.A..

In ragione di tutte le considerazioni fin qui svolte, non può dunque fondatamente sostenersi che la posizione dell’Amministrazione regionale si sia risolta in un pregiudiziale diniego; al contrario, il provvedimento negativo è stato emesso ex actis e alla stregua delle plurime e convergenti valutazioni di segno negativo espresse sul progetto.

H.2) Nel quarto motivo, come già premesso, la ricorrente ha riprodotto, in sostanza, le medesime censure contenute nel secondo - riferendole questa volta all’ambito della conferenza dei servizi – e riguardanti la mancata ponderazione del parere favorevole espresso dal Comitato tecnico e di quelli che, secondo la sua ricostruzione, sarebbero stati espressi per silentium nella conferenza in ragione delle previsioni di cui all’art. 14 ter L. 241/1990. Sicché l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto della presenza di pareri favorevoli, ai fini della individuazione degli interessi da ritenersi prevalenti nell’ambito della conferenza.

La doglianza, al di là di quanto già osservato con riferimento al secondo motivo, è però agevolmente superabile proprio richiamando la regola generale delle c.d. posizioni prevalenti espresse in sede di conferenza dei servizi.

L’Autorità procedente ha il compito, come noto, di effettuare la sintesi delle posizioni espresse in conferenza, senza annettere a una sola di esse un valore aprioristicamente decisivo sull’esito dell’intero procedimento.

Orbene, nella fattispecie la Regione non si è limitata a recepire acriticamente il parere del MIBAC, come invece ripetutamente affermato nel ricorso, bensì ha motivato e argomentato con chiarezza il proprio diniego, dando conto delle ragioni a fondamento dell’individuazione delle posizioni prevalenti.

Le determinazioni impugnate si presentano, pertanto, in linea con le direttrici ermeneutiche fornite dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo la quale: “la regola delle "posizioni prevalenti" espresse in sede di conferenza di servizi presenta un contenuto flessibile che, rispetto alla rigidità del metodo maggioritario, consente di valutare in concreto, in ragione della natura degli interessi coinvolti, l'importanza dell'apporto della singola autorità e la tipologia del loro eventuale dissenso, con la conseguenza che l'applicazione di essa rientra nell'autonomia del potere provvedimentale - di natura discrezionale - dell'Autorità, purché dotato di adeguata motivazione (Cons. Stato, Sez. IV n. 7616/2020; Sez. V, 29 aprile 2020, n. 2724; Sez. V, 6 novembre 2018, n. 6273; Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5084).

Infondata è poi anche la connessa e più specifica censura (accennata nel quarto motivo e ulteriormente sviluppata nel sesto) riguardante la violazione dell’art. 14 ter della L. n. 241/1990, critica formulata sull’assunto che la determinazione conclusiva del procedimento non avrebbe tenuto conto dei pareri favorevoli espressi in conferenza per silentium ai sensi della predetta norma.

Sul punto si deve preliminarmente osservare che la ricorrente ha chiamato in causa (nel sesto motivo) una formulazione non vigente al momento della conclusione della conferenza dei servizi. In quella allora vigente, peraltro, il legislatore non attribuiva al silenzio sempre il medesimo valore, escludendo dalle ipotesi di assenso per silentium “i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA”.

In disparte ciò, va ribadito che la Regione, tanto in sede di conferenza dei servizi quanto con il provvedimento finale, ha fatto ampio riferimento ai molteplici pareri e determinazioni di segno contrario al progetto, non limitandosi ad una motivazione per relationem.

Alcuni di tali elementi di segno negativo, pur non rifluiti formalmente in corrispondenti pareri espressi in conferenza dei servizi, erano già emersi nella sede pregressa istruttoria: basti dire delle criticità rilevate dall’Autorità di Bacino dei fiumi Trigno, Biferno Saccione e Minori(di cui dava conto anche il parere del Comitato tecnico V.I.A.), nonché dal parere espresso dalla Direzione Regionale del MIBAC presso la Regione Puglia prot. n. 8678 del 24/6/2014 (all. 11 ai doc. depositati il 17.7.2020 dalla difesa del Ministero), nel quale veniva espresso un parere negativo.

In sostanza, pur volendo attribuire rilievo favorevole al silenzio di altre amministrazioni coinvolte nella conferenza, tale dato non faceva comunque venir meno, nella corretta ponderazione istruttoria, il valore pregnante e la sostanziale prevalenza dei circostanziati pareri negativi, prima tra tutte la determinazione negativa conclusiva del subprocedimento di V.I.A., avverso le cui motivazioni i pareri favorevoli espressi solo per silentium non opponevano, del resto, alcuno specifico argomento.

I) Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente ha contestato la motivazione del diniego nella parte chiamante in causa la nozione di sviluppo sostenibile, affermando che l’Amministrazione non sarebbe stata in grado di chiarire in che termini il progetto avrebbe “violato il valore dello sviluppo sostenibile”. Nel contempo, la ricorrente si è rivolta anche contro le considerazioni svolte anch’esse a fondamento dei provvedimenti impugnati richiamando le previsioni contenute nel PEAR (Piano Energetico Ambientale Regionale) e nel PTTAV (Piano territoriale di Area Vasta).

Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.

La Regione ha invero supportato le proprie determinazioni con ben precisi richiami.

- All’appartenenza dell’area interessata alla zona 1 del P.T.A.A.V.. Sul punto il provvedimento ha richiamato l’art. 8 della L.R. n. 24/1989, secondo cui : “I contenuti dei Piani Territoriali Paesistico-Ambientali di area vasta relativi alla lettera a) dell'art. 4 equivalgono a dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi della L. n. 1497 del 1939 e che ai sensi della L.R. n. 23 del 23/12/2010 costituiscono aree e siti non idonei alla installazione di impianti eolici gli immobili e le aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art.136 del D.Lgs. n. 42/2004 e ss.mm.ii.”. E non par dubbio che l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio di un impianto fotovoltaico possa essere negata “previa determinazione nel territorio regionale di aree e siti non idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale, che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti” (T.A.R. Lombardia , Sez. III n. 1630/2022).

- Alle disposizioni vigenti del Piano energetico ambientale regionale (P.E.A.R.), oltre che al conseguimento degli obiettivi minimi da raggiungere entro il 2020. In particolare, l’Amministrazione ha richiamato la circostanza che per l'anno 2013 - immediatamente precedente l’anno di disamina in conferenza dei Servizi - risultava già raggiunta nella Regione una copertura da fonte rinnovabile pari al 34,7 %, idonea quindi a coprire e superare con ampio anticipo l’obiettivo minimo del 35% previsto entro il 2020 dal Decreto c.d. “Burden Sharing”.

Di conseguenza, nell’ambito di una complessiva ponderazione degli ulteriori interventi è stato osservato che il successivo sviluppo locale del settore eolico si sarebbe dovuto rivolgere, nella prospettazione dell’Amministrazione, a sostenere altre tipologie d’impianti e di scelte gestorie, consistenti essenzialmente nel ricorso al c.d. mini-eolico e nelle “azioni di repowering”.

E questa è una valutazione non solo specifica e fondata su dati oggettivi, ma anche del tutto rispettosa della funzione assunta dal PEAR, che costituisce uno strumento di pianificazione che “permette di effettuare la valutazione della compatibilità dei singoli impianti rispetto alle peculiarità locali” (di recente, la già richiamata T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. III, n. 1630/2022).

Contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, quindi, anche tali valutazioni, lungi dall’essere state svolte in maniera aprioristica e assoluta, hanno costituito parte degli elementi a fondamento della scelta di precauzione assunta dall’Amministrazione, contribuendo a integrare il nerbo della sua motivazione finale.

E questo Tribunale, in un pur risalente arresto, contenente tuttavia valutazioni non smentite e utili anche ai fini della odierna decisione, ha già avuto modo di rimarcare il rilievo costituzionale e unionale del principio di precauzione proprio con specifico riguardo alla materia in esame. In particolare, nella richiamata decisione si è sottolineato che “La costruzione e l'esercizio di impianti da fonti rinnovabili devono rispettare le normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, a tenore dell'art. 12 comma terzo del D.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 (cfr.: Corte Cost., 26.3.2010 n. 119). Tuttavia, la tutela del paesaggio costituisce, pur sempre, un valore di speciale ed elevato rango costituzionale, la qual cosa giustifica il complesso e articolato sistema di protezione che le normative di settore offrono per le emergenze paesaggistiche e archeologiche. La disciplina costituzionale del paesaggio erige il valore estetico-culturale a principio primario dell'ordinamento (Cons. Stato V, 12.6.2009 n. 3770), mentre - per converso - la limitazione della libertà di iniziativa economica per ragioni di utilità sociale appare giustificata non solo nell'ottica costituzionale, ma anche in quella dei princìpi di cui all'art. 6 della C.e.d.u. (Convenzione europea dei diritti) e dell'art. 1 del relativo Protocollo addizionale, poiché, anche in essi, la garanzia dell'autonomia privata non è incompatibile con la prefissione di limiti a tutela dell'interesse generale (cfr.: Corte Cost. 22.5.2009 n. 162)” (T.A.R. Molise, Sez. I, n. 29/2013).

Nella stessa ottica, come sottolineato da recente giurisprudenza espressasi su simili vicende, “l’ulteriore antropizzazione di un’area con la realizzazione di impianti eolici non può tradursi in una sorta di liberalizzazione di tale tipo di intervento nella medesima zona, pur nel rispetto dei limiti quantitativi limiti stabiliti dal PEAR” (di recente, TAR Marche, Sez.I, n. 139/2019).

Nell’odierna vicenda la Regione, in definitiva, con il proprio giudizio discrezionale ha ritenuto che gli impatti sul paesaggio e sull’ambiente dell’impianto proposto dalla ricorrente, per la sua prospettica collocazione in un territorio già ampiamente munito di impianti analoghi, e tuttavia meritevole di tutela, fossero ingenti, e quindi, in concreto, non tollerabili. E tale giudizio - rafforzato dai richiamati e molteplici pareri negativi delle Amministrazioni chiamate in conferenza di servizi – non risulta pertanto affetto da vizi neanche con riguardo allo specifico aspetto dello sviluppo sostenibile.

K) Nel sesto e ultimo motivo, infine, la ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 17 bis e 14 ter (profilo, questo secondo, qui già emerso) della L. n. 241/1990, affermando nuovamente che in ragione di tali disposizioni, disattese nella conferenza dei servizi, avrebbero dovuto avere pieno ingresso nel procedimento i diversi pareri favorevoli espressi per silentium.

Il motivo si colloca quindi nel solco delle doglianze sviluppate nei precedenti motivi, rispetto alle quali si è già avuto modo di precisare che i plurimi pareri contrari al progetto, oltre che l’intangibile esito del subprocedimento di V.I.A., erano anche ex se ampiamente idonei a sorreggere il rigetto dell’istanza del privato.

Alle considerazioni in precedenza svolte devono tuttavia aggiungersi, sul punto della dedotta violazione dell’art. 17 bis L n. 241, i seguenti elementi ulteriori.

K.1) La norma appena citata risulta entrata in vigore successivamente allo svolgimento della conferenza dei servizi, facendo quindi sorgere seri dubbi sulla sua applicabilità alla fattispecie in esame.

In disparte ciò, in ogni caso il suo ambito di applicazione non coinvolgerebbe comunque la vicenda qui controversa.

La peculiare forma di silenzio prevista dalla norma, infatti, viene definita come silenzio-assenso “interno”, per precisare che lo stesso “interviene all'interno del modulo procedimentale, oppure come silenzio-assenso “orizzontale”, in quanto concerne i rapporti tra più amministrazioni o enti pubblici e non involge il rapporto “verticale” con il destinatario del provvedimento” (tra le tante TAR Puglia, Bari, Sez. II, n. 194/2020).

Di conseguenza, deve escludersi che tale particolare modulo possa trovare cittadinanza nell’ambito dei procedimenti a iniziativa di parte, come quello qui in esame, posto che: “l’art. 17 bis regola e governa esclusivamente i rapporti procedimentali (per così dire in orizzontale) tra Amministrazioni, e non anche quelli ad iniziativa di parte, come in via paradigmatica è quello afferente alla domanda di condono edilizio, ovvero di autorizzazione paesaggistica in sanatoria.” (in questo senso v. T.A.R. Campania - Napoli, n. 5503/2021; per una visuale più ampia cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2584/2022).

L) Conclusivamente il ricorso, irricevibile nella parte in cui proposto avverso la Delibera di Giunta Regionale n. 266/2014, definitoria del subprocedimento di V.I.A., sotto i restanti profili deve essere respinto perché infondato.

M) La complessità e la parziale novità delle questioni poste consentono di disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile nella parte in cui proposto avverso la Delibera di Giunta Regionale n. 266/2014, definitoria del subprocedimento di V.I.A., e per il resto lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Nicola Gaviano, Presidente


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