Affidamento in prova: effetti dell’omessa risposta dell’istante alla richiesta di fornire al servizio sociale informazioni utili per la predisposizione del programma d’intervento
Pubblicato da R. Radi in Affidamento in prova · Venerdì 02 Ago 2024
Affidamento in prova: effetti dell’omessa risposta dell’istante alla richiesta di fornire al servizio sociale informazioni utili per la predisposizione del programma d’intervento
di R.Radi
La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 6752/2024 ha stabilito che in tema di affidamento in prova al servizio sociale, il tribunale di sorveglianza può tener conto della condotta del condannato che, dopo aver formulato l’istanza di applicazione della misura alternativa, omette di fornire, ai fini della predisposizione del programma di intervento, indicazioni esatte sulla propria condizione sociale, familiare e lavorativa.
La Suprema Corte rileva che il ricorrente ricorda, correttamente, il dovere del Tribunale di sorveglianza di esercitare i suoi poteri istruttori al fine di accertare l’effettiva sussistenza delle condizioni ritenute necessarie per la concessione del beneficio, in questo caso il possesso di un domicilio idoneo e di un’attività lavorativa, in ordine alle quali l’istante ha solo un onere di allegazione.
La giurisprudenza di legittimità, però, ha elaborato anche l’ulteriore principio, richiamato nell’ordinanza impugnata, del dovere di lealtà processuale di quest’ultimo, il quale è tenuto a collaborare per rendere possibili le indagini richieste dal Tribunale: “In tema di applicazione di misure alternative alla detenzione, il condannato che, dopo aver chiesto l’affidamento in prova al servizio sociale, non fornisca notizie esatte in ordine alla sua situazione sociale, familiare e lavorativa, informazioni utili per la predisposizione del programma di intervento, dimostra la mancanza di volontà collaborativa con gli operatori del servizio sociale, tenendo un comportamento che ben può essere valutato in chiave negativa dal Tribunale di sorveglianza ai fini della concessione della misura” (Sez. 1, n. 50169 del 25/05/2017, Rv. 271296; vedi anche Sez. 1, n. 54882 del 12/09/2018, Rv. 274558).
Nel presente caso, il Tribunale ha logicamente dedotto la mancanza di collaborazione dell’istante dal suo reiterato comportamento negligente, protratto per il lungo tempo trascorso dalla presentazione dell’istanza
L’ordinanza, infine, ha rigettato la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale anche rilevando la totale assenza di elementi che dimostrino una revisione critica del proprio passato criminale e una condotta risarcitoria verso le vittime del reato la cui pena è in esecuzione.
Tale motivazione è corretta, avendo questa Corte stabilito che “È legittima la reiezione dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale fondata sulla valutazione dell’atteggiamento non collaborativo del richiedente libero in favore del soggetto danneggiato dal reato, dal momento che tra i requisiti normativi previsti dall’art. 47, comma settimo, della legge n. 354 del 1975 figura anche la condotta del condannato favorevole, per quanto possibile, alla vittima del reato” (Sez. 1, n. 3572 del 17/06/1998, Rv. 211154).